venerdì 21 dicembre 2012

Mayalate?

Su una folgorante intuizione di magneTICo, si pensava di continuare quest'avventura su un nuovo blog.
Il titolo proposto sarebbe Mayalate.
Da intendersi nella doppia accezione se lo leggiamo all'italiana o all'inglese.
Intanto ho già prenotato gli indirizzi mayalate.blogspot.com e maya-late.blogspot.com.
Ovviamente, come qui, regnerà l'anarchia. Che ne dite?

giovedì 20 dicembre 2012

White fever (White end – ep. finale)

Nelle precedenti puntate:
Episodio pilota
Episodio No. 1
Episodio No. 2
Episodio No. 3




Tic, tac, tic, tac. Sento il ticchettio, ma non vedo nessun orologio, nessuna sveglia: è dentro la mia mente, ma è anche dannatamente reale.

L'auto sfreccia a tutta velocità. Sono al volante, ma non sono alla guida.
Attorno a me c'è una danza frenetica di luci rosse, bianche, gialle.
L'autostrada è incredibilmente satura di vetture che si rincorrono caoticamente, ma senza nessuna collisione.
Un disordine ordinato.
L'aria si fa più calda. Provo ad aprire il finestrino, senza risultato. Il cruscotto è diventato rovente. Tic, tac, tic, tac. Il tempo sta per scadere.
Accanto a me c'è Carlo. È senza testa, ma parla.
Mi chiede: “Cosa ci salva ordinando il caos?”
Tic, tac, tic. “Dove cazzo siamo, Carlo? Da dove cazzo vengono tutte queste auto?”

venerdì 7 dicembre 2012

Uomo nuovo


La sua storia cominciò il 22 dicembre alle 10.30 nella Silicon Valley, quando il mondo intero era in fila per comprare gli ultimi regali di Natale. Tutti tranne uno. L'ingegnere Newman stava finendo di implementare l'ultimo bot per una nota major infomatica: un software in grado come gli altri bot di navigare attraverso le pagine del web, in grado di indicizzare i link in esse contenuti, di dare punteggi ad ogni pagina per i motori di ricerca, ma con una funzionalità in più che nessun altro bot aveva mai avuto prima: esaminato l'html della pagina, il software era in grado di valutare se nel contenuto ci fossero o meno istruzioni in grado di migliorare se stesso e nel caso ci fossero, era in grado di copiarsi con queste nuove funzionalità aggiunte.

lunedì 3 dicembre 2012

Moriremo tutti

è da un po' di tempo che mi domando quale fosse lo scopo originario di questo blog, ammesso che ne avesse uno. Mi ricordo di aver accettato l'incarico di amministratore e, ci tengo a ribadirlo rigorosamente senza stipendio per dare il buon esempio a tutti gli italiani, quando ero sotto l'effetto di allucinogeni. Droghe pesanti? No, i monologhi di Saviano. Forse il motivo fondante della creazione e nascita di questo blog era l'organizzazione di un'orgia il 21 dicembre con la scusa della FINE DEL MONDO? In effetti questo blog non è stato pubblicizzato a dovere. Ma del resto chi darebbe credibilità a un sito che si intitola LA FINE DEL MONDO. Chi? A parte Giacobbo, Daniele Bossari, Marco Amleto Belelli, Domenico Scilipoti, i tesserati di casapound.
Mi sono accorto che sono più gli autori che i post pubblicati e i follower son quasi tutti dello staff. Ma bando alle ciance, parliamo di cose meno serie. Leggendo il contatore qui a fianco, noto che mancano 17 giorni e qualche ora alla fine. Secondo i Maya. Secondo chi?
Voi sapete come sono finiti i Maya? Com'è stato possibile che quella gloriosa civiltà sia scomparsa improvvisamente? Non sono stati i conquistadores, non è stata la SARS, non sono stati gli alieni. Una meteora? No. Sapete che avevano fatto quei geni dell'astronomia, della matematica e delle scienze in toto? Per costruire case, dighe, fare pire per i morti, pali per infilzare quelli che gli stavano antipatici, hanno abbattuto tutte le foreste che potevano abbattere (e senza le motoseghe, altrimenti sarebbero durati tre anni). Come noi. Noi che siamo quelli con la corruzione a livelli record e l'evasione fiscale al secondo posto nel mondo. Abbattendo gli alberi, come è noto, viene meno il sostegno al terreno che è utilissimo a contenere le acque durante piogge e nevicate.Insomma quei fenomeni si sono dati la zappa sui piedi. E noi dovremo dar retta a una loro profezia? Ma se non sono stati capaci neppure di sapere quando sarebbe arrivata la loro fine! Se ci fossero state le primarie, avrebbero scelte cosa abbattere e cosa no. Il dissesto idrogeologico, ce lo dice sempre Luca Mercalli, quel signore con il papillon che parla da Fazio. E ce lo dice Mario Tozzi, il signore con la piccozza che parla con il dinosauro finto. Due che saranno i primi a scomparire, perché abitando in case di legno scopriranno quanto è divertente una scarica elettrica da 200mila volts.



giovedì 23 agosto 2012

Elogio della fine

Guardiamo il lato positivo. Quando il mondo finirà non sentiremo più parlare di reality show, di risse in parlamento, di spending rewiew. Non leggeremo più sui "social network" dello spread, della BCE, degli accordi sulla legge elettorale. Non ci saranno più guerre: finiranno tutte insieme. Non ci sarà più odio, razzismo, misoginia, omofobia. Non sentiremo più il turpiloquio di Vittorio Sgarbi e le accuse di Andrea Agnelli alla FIGC. Non ci sarà nessuna Nicole Minetti nel porno ma soprattutto alla regione Lombardia. Fanculo MItt Romney, Ahmadinejad o come cazzo si scrive, Putin. Non ci saranno più le petizioni on line di Padellaro e Flores D'Arcais su qualsiasi cosa! Non ci saranno più suoceri, parenti che tornano dalla Calabria con venti quintali di cibo, cellulite, alluce valgo, diabete, emicrania.
Non ci sarà più Studio Aperto, Miss Italia (e quel burlone di Fabrizio Frizzi). Scompariranno le macchine parcheggiate in terza, quarta e quinta fila. Non ci sarà più il furbo che non rispetta la fila, quello che entra senza biglietto, quell'altro che non ha mai pagato le tasse. Scomparirà il lusso, scompariranno i paperoni con i loro petroldollari. Non ci saranno più calciatori che esultano in nome di "dio", non ci sarà più il papa, il patriarca, il rabbino.

Non ci sarà più il gossip. Non vedremo più le nozze dei "reali" di qualche paese in mondovisione. Non avremo più a che fare con la criminalità organizzata, i prodotti scaduti nei supermercati, le mozzarelle blu, le auto blu, i semafori rossi nelle città deserte, lo smog. Addio polveri sottili, sottilissime e ultra-sottili. Addio assorbenti con le ali e preservativi che profumano di incenso. Addio ai gadget ovvero quelle stronzate che non si usano ma si comprano. Niente più borse firmate, vestiti firmati, scarpe firmate, quaderni firmati. Niente più referendum sulla ritenzione idrica, niente più bifidus actiregularis.
Addio ai surgelati Bonduelle, addio a Biagio Antonacci, addio a un sacco di cose per cui farei già ora a meno se potessi.

venerdì 25 maggio 2012

White russian (White end - ep. 3)

Nelle precedenti puntate:
Episodio pilota
Episodio No. 1
Episodio No. 2

Il segreto di un buon White russian è che il liquore al caffè sia amaro al punto giusto.
L'equilibrio dei sapori è importante.
Quando da mesi mangi solo roba gelida, l'equilibrio dei sapori è solo un ricordo sfocato.
Solo un ingrediente del White russian, ormai, era di facile reperimento. Il ghiaccio.

Nelle settimane successive al ritrovamento del cadavere di Carlo, pur essendo molto turbato, non mi ero mai posto troppe domande. Quelle sono arrivate in seguito, quando è tornata la neve.

Come faceva ad avere la testa mozzata così di netto?
Era stato ucciso?
Chi poteva avere interesse ad uccidere un uomo come lui?

Siamo abituati ad immaginare la fine del mondo con gli occhi dell'ultimo sopravvissuto o del salvatore. Siamo stati abituati così dalla maggior parte della letteratura e della cinematografia catastrofiche.
Anche quando l'eroe di turno ci viene presentato nel suo "ambiente famigliare", sappiamo che quasi certamente compirà qualche gesto magnifico che, oltre a salvare i suoi cari, porterà alla sopravvivenza dell'intero genere umano.
Ma, soprattutto, l'eroe arriverà a scoprire la causa della fine del mondo.
Perché è un eroe sapiente e rassicurante.

Io non sapevo e non so una sega. Il problema di ogni giorno è arrivare a domani.
Un tempo pensavo di non essere troppo interessato a vivere. Forse era vero.
Ma - dio! - quanto mi interessa, invece, sopravvivere!

Fuggire altrove era la soluzione di molti. Emigrare verso sud. Una ironica inversione di ruoli. Ma il freddo stava avanzando giorno dopo giorno, trovare un biglietto aereo per i paesi caldi era sempre più difficile ed io, personalmente, non mi ero nemmeno posto il problema di spostarmi. Forse perché ero poco lungimirante. Oppure lo ero davvero molto.


(Girava voce - non confermata - che da qualche parte in Russia stessero provando la soluzione estrema di fare esplodere qualche atomica per contrastare l'improvviso calo di temperature. Altri, sostenevano che proprio gli esperimenti "dei sovietici" avessero causato quel mutamento climatico. Quando qualcuno mi rivelava questi "segreti", rispondevo impassibile: "Ho letto che in realtà sono stati gli americani".

Ad ogni panzana corrisponde una repanzana uguale e contraria.)


Non volevo finire come Carlo anche se non sapevo come avesse fatto Carlo a finire in quel modo.
Di Carlo sapevo solo che era solo. Ed io non dovevo più essere solo.

La soluzione al problema era molto semplice. Offrire ospitalità in cambio di compagnia. Il mio appartamento non poteva più contare sul riscaldamento a gas (i rubinetti erano stati chiusi quasi subito), ma erano comunque quattro mura che rendevano il freddo un po' meno freddo.

Antonio, Luca ed Angelo erano senzatetto e conoscevano Carlo. Li ho incontrati alla spartana celebrazione funebre che la parrocchia era riuscita ad imbastire.
I patti, però, dovevano essere chiari: il loro stile di vita non sarebbe sceso a compromessi. Ognuno libero di andare e venire.
Ma di certo non chiedevo una famiglia, io che non ne avevo mai avuta una.

Arrivati nell'appartamento, Luca annunciò che voleva celebrare il momento. Scomparve in cucina per alcuni minuti e tornò con quattro bicchieri di un liquido opalescente e cremoso su cui galleggiavano alcuni cubetti di ghiaccio.

"Il segreto di un buon White russian - sentenziò - è nel credere che quello che stai bevendo sia un buon White russian".
Leggi l'episodio finale.

venerdì 6 aprile 2012

Il vento delle verità






Ognuno di noi conserva il ricordo di come l'ha scoperto. Abbiamo tutti il nostro personalissimo episodio da raccontare. Il nostro pass d'accesso alle nuove regole.
Io non sono mai stato molto sveglio. La mattina del 22 dicembre non mi ricordavo nemmeno che dovesse succedere qualcosa. Un po' è anche dovuto alla mia diffidenza fisiologica verso tutto ciò che non è certo, lo ammetto.
Quando suonò il telefono dormivo ancora. Mi svegliai con un feroce malditesta e risposi sbadigliando e maledicendo mentalmente l'alcool ingurgitato smoderatamente la sera prima:

- pronto?
- ciao magneTICo
- ciao, yaaawwwnn!
- ...
- chi sei?
- sono tua madre
- ah ciao mamma non ti avevo riconosciuto. che vuoi?
- niente
- ...
- ero un po' preoccupata perchè oggi è il 22 dicembre
- ah già! allora? cos'è successo?
- boh. qui tutto come al solito. fuori sembra tutto uguale. anche a tuo padre sembra tutto normale
- visto? che ti dicevo? erano tutte stronzate
- meno male, mi ero preoccupata: con tutto quello che dicono in tv e nei giornali... beh meglio così. tu come stai?
- tutto bene mamma... tutto bene

Ed improvvisamente, proprio mentre stavo riappendendo, lo sentii. Pensai: strano, non me ne sono nemmeno accorto...
Ed è piuttosto subdolo se ci pensate... perché l'odore è proprio lo stesso che facevano le care vecchie scoregge tradizionali. Beh insomma... diciamo che è lo stesso odore che facevano il giorno dopo aver mangiato mezzo kg di fiorentina, annegandola con una bottiglia di chianti gallo nero. Però è comunque un odore che tutti riconoscono come proprio. Niente di completamente nuovo.
Poi l'ho detto, non sono mai stato così sveglio. Probabilmente non mi sarei reso conto della situazione nemmeno se avessero avuto l'odore di una pecora morta da tre giorni in una vasca di piscio. Ma così proprio...

Beh comunque mi affacciai anch'io alla finestra per cercare segni di qualche novità ed ovviamente non ne trovai. Tutto sembrava essere come sempre: poca gente in giro, complice anche la neve... il solito cane del vicino che abbaiava la sua solitudine e dava testate alla porta d'ingresso, le reliquie delle mie pianticelle, che avevo smesso di annaffiare da qualche mese. Tutto lì, a sbugiardare i complottisti, a deridere i catastrofisti o anche solo a rassicurare i probabilisti, come mia madre.
Consumai veloce i preliminari di quella giornata, destinata a diventare la prima giornata del nuovo mondo ed uscii.

Fuori si potevano già distinguere gli sguardi increduli di chi aveva capito, da quelli disgustati di chi invece non aveva capito niente. Io entrai in edicola per comprare un quotidiano. Per chi non si ricorda: l'edicola era quel posto dove si vendevano i giornali... quando ancora i giornali si vendevano, chiaramente. Dentro non c'era nessuno, nemmeno l'edicolante. C'era solo una disgustosa puzza di merda. Ma non la mia. C'era un'odore di un'intensità tale, che nessuno riusciva a resistere lì dentro per più di qualche secondo. Ricordo che scappai da quel posto, pensando: che schifo ragazzi... ma che diavolo era? uno scherzo?
Poi mi diressi dal macellaio: dovevo comprare la carne per il Natale. Perché ancora c'era il Natale... mamma mia che ricordi!
Il mio macellaio si chiamava Ferruccio e c'è ancora, sapete? Il suo slogan era: la carne più buona del pianeta.
Anche lì quando entrai avvertii un certo odore. Molto meno forte di prima, eppure c'era. La cliente prima di me era una signora sui 70. Ordinò le costoline, il capocollo, poi chiese:
- è buona 'stavolta la salsiccia?
e Ferruccio rispose:
- buona? è freschissima: è la più buona del pianeta!
Ed una nuova vampata di merda saturò l'ambiente. Rimanemmo tutti spettinati da tanto vigore, a parte un paio di clienti più svegli che uscirono immediatamente dalla macelleria.

Io lo scoprii così.
Ne è passato di tempo da allora. L'uomo ha cambiato radicalmente ogni cosa. All'inizio, soprattutto da noi occidentali, fu vista come una disgrazia piovutaci per volontà divina. Un modo per farci espiare le colpe. Ricordo ancora i tentativi per mantenere intatto il comportamento. Quelli di far passare come 'moda' quelle buffe mollette da mettere nel naso, per esempio. O quelli di dire che presto o tardi ci saremmo abituati. Ma mai così corte sono state quelle gambe...
Sto dicendo che quando capimmo che le bugie consapevoli puzzavano di merda fin dove erano udite, lette, o comunque recepite, cercammo modi per continuare a mentire indisturbati. Voi capite il paradosso? La prima scusa a cui ogni persona si affidò, fu quella di ammettere di aver fatto una scoreggia, piuttosto che ammettere di aver mentito. Questo perché non era ancora chiaro che non sarebbero più esistite le scoregge tradizionali. L'unico grande problema era che anche quella era una bugia e pertanto aveva anch'essa un certo odore. E questo dava il via ad un circolo vizioso e fetido che allontanava immediatamente tutti i presenti. Non si poteva nemmeno dare la colpa ad altri, come facevano alcuni, altrimenti ci si sarebbe inequivocabilmente autoaccusati.

No, davvero: i primi giorni furono panico puro. Non si poteva accendere nessun televisore, non si poteva leggere nessun giornale, pena: si veniva colti nell'intimo dalla pestilenza. Ogni domanda poteva in teoria essere seguita da quello che fu battezzato come "il vento delle verità", pertanto si centellinavano come il pane in tempo di guerra.
Le istituzioni cominciarono a cadere: per prima la politica. Non esisteva allora un modo per essere politici ed onesti contemporaneamente. Questo si tradusse in un abbandono generale non solo dei politici, ma anche di tutte le argomentazioni legate all'ideologia, che in quanto tali, inglobavano bugie alle quali incoscientemente ci eravamo assuefatti.
Inoltre senza il potere mediatico, senza le conferenze stampa alle quali dovettero presto rinunciare per l'espansione vertiginosa che il vento delle verità assumeva in questo modo, la politica perse di interesse istantaneamente. Ma subito dopo abbandonammo anche le chiese. L'odore che fuoriusciva da quei luoghi avrebbe fatto vomitare anche una mosca. Molti professori divennero improvvisamente inabili all'insegnamento, le forze dell'ordine non furono più necessarie, tantomeno avvocati e giudici. Per sapere il colpevole, ma anche solo l'intenzione di commettere il reato, bastava semplicemente domandare.
Molte famiglie si sgretolarono, molte amicizie furono improvvisamente interrotte e dovemmo rinunciare a tante altre cose, come l'ipocrisia o l'ironia, ma in fondo erano tutti grossi contenitori di bugie. E guardandolo oggi, il senso della parola 'stronzata', è molto più vicino all'effettivo significato: oggi che non esiste più il concetto di bugia, oggi che la verità è una locuzione lapalissiana.

Io non vi so dire se questa sia stata una miglioria della nostra condizione. Non so se la vita fosse più semplice allora, né se oggi si possa parlare finalmente di giustizia. Sincermente non credo che sia una cosa importante. E' semplicemente un dato di fatto che nessuno mette più in discussione. Forse progredire significa anche rinunciare certe volte. Una cosa è certa: nonostante tutto, ogni tanto, seppur sempre più di rado, qualcuno ci casca ancora. A qualcuno scappano ancora certi racconti puzzolenti, o certe risposte a domande indagatrici, che svuotano la stanza.

Ed il mio macellaio, che un tempo avrei chiamato 'di fiducia', è sempre Ferruccio. E tanti altri ci vanno ancora, anche se adesso il suo slogan è cambiato. Ora è: la carne più buona dell'isolato.



venerdì 16 marzo 2012

Lui lo sapeva già

Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' più ammalato, ruberà tale esplosivo e s'arrampicherà al centro della terra per porlo  nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie.

Italo Svevo: La coscienza di Zeno (1929), paragrafi finali

martedì 13 marzo 2012

Sistema di autodifesa

La mente umana non è così complicata come uno si immagina o vorrebbe.
È un gioco delle tre carte.
Ecco la donna, ecco il jack, ecco il re.
Carta vince carta perde, signori!
Le carte sono solo tre, trentatré virgola tre periodico di possibilità di vittoria.
Vedo tante linee sulla tua mano, la linea della vita è un po' increspata, magari rimedi con della crema idratante.
I tarocchi mostrano La Morte e L'Appeso che, di per sé non sono niente male: un cambiamento e la capacità di superare gli ostacoli.
Poi ci associ L'Amante e la parcella, che non è un tarocco, e ti ritrovi cornuto ed in mezzo ad una strada.
Questa è l'Era dei Pesci, peccato non avere le branchie.
La mente è qui, la mente è lì, forse è solo una proiezione astrale.
Sicché tira fuori la tua copia in vera pelle umana del Necronomicon e dimmi perché non dovrei riuscire a leggerti come tu fai con quel libro.
Forse un po' meglio, che Abdul Alhazred aveva una pessima calligrafia.
Poi tutto finisce, in un guizzo.
21.12.2012,  non è nemmeno un palindromo e la somma dei numeri da solo un innocuo undici come risultato, si potevano impegnare un po' di più questi Maya.
In verità, potremo dire che la fine del mondo riguardava lo 0,00000000000196053% della superficie della stessa, ovvero 10 metri quadrati.
Tic-Tac, il tempo passa, tu ti avvicina, Tic-Tac, inspiro.
Tic-Tac, Tic-Tac, Tic-Tac, devi attraversare la strada e figurati se qualcuno si ferma.
Quasi sapendo di essere nella zona X, corrono ancora di più.
Tic-Tac, ce la fai, passi, agiti la mano e sorridi.
Tic...
Tac...
Ti-
T.
E tutto il resto lo so.
La mente umana è semplice.
Smontarla è una cosa troppo facile da fare, quasi ti istiga.
E cerca pure le ragioni, i misteri, affannati su.
Questa volta non c'è nessun complotto, alieno o profeta.
Hai persino dimenticato la tua copia di Centuries et Phropeties autografata, ancora ti chiedi se avrai il gusto di morire in piedi?
Beh, l'ultimo atto su questa Terra solitamente è accasciarsi e liberare gli intestini violentemente, mi dispiace.
La prossima volta reincarnati in un qualcosa di più nobile, che so, un baco da seta.
Questa volta ti tocca un'esistenza semplicistica, lasciatelo dire.
Ebbene è così.
La grande verità, che non scrivo in maiuscolo perché mi sono stufato del tasto Alt, mi ha fatto venire un crampo al mignolo.
Che poi, di una verità non si tratta, ma di un semplice gioco di carte, o una giostra, se come a me anche a voi piace citare Hicks.
E ti ci sei perso a lungo a cercare la donna, il jack, il re, ah?
Amore, Ego e Successo.
Ecco di cosa sei fatto, di cosa sei incompleto.
Se tu fossi in un piano cartesiano, non avresti problemi.
Ma vivi un mondo quadridimensionale.
Così ti accorgi che ogni tanto sai dove sono la donna e il jack, ma del re neanche l'ombra.
Poi perdi tutti e tre e senti d'aver perso.
Ritrovi il re e senti di esser pronto a cercare la donna, quando improvvisamente scorgi il jack e ti distrai.
Il re lo perdi ( ti sfugge per un pelo, vero?), ma afferri la donna e sei felice, perché finché sei incompleto la partita non è finita, la ruota gira.
Ed ecco, ora raggiungi la destinataria del saluto di prima.
Dannazione, non avresti dovuto farlo.
Guarda bene le carte, dimmi cosa vedi.
Già, ora sai tutte e tre le posizioni!
Dai su puoi ancora farcela, è già successo, sai come comportarti.
Dimentica.
Tradiscila o fingi di aver dimenticato qualcosa sull'altro lato della strada e attraversa senza guardare o manda al diavolo il tuo capo.
Scegli tu: Donna, Jack o Re, da quale distogli lo sguardo?
Come?
Nessuno dei tre?
Cosa diavolo stai dicendo?
Vuoi mandare affanculo il sistema, idiota?
Non funziona così, sai?
Sono pur sempre l'istinto, io ho il controllo!
Mi senti, figlio di puttana?
Io ho il controllo! Io ho il controllo, io ho il controllo, io ho il controllo, io ho il controllo..

Mentre la voce si affievolisce, guardo l'ora.
Sono le sei di sera, dieci minuti e tre secondi.
Quindi ho ancora tre ore, due minuti e diciannove secondi da vivere.
Li spenderò bene, non preoccupatevi.
Non è un suicidio, non fraintendetemi, mi cadrà un motore d'aereo sulla casa.
Sì, come in Donnie Darko, senza conigli però.
Ora conosco dove sono le tre carte, ora che so dove sempre saranno.
Lei vivrà, se vi chiedete questo, ma no, non dipende da me.
Casualità, tutto qua.
Accendo la mia terzultima sigaretta, mentre le parlo di altro e penso che per uno fissato con la simbologia, le 21:12:21 del 21\12\2012 sono un buon momento in cui morire.

sabato 10 marzo 2012

Ho sognato la fine del mondo

Ho sognato che finiva il mondo e non potevo non scrivere il mio sogno qui. Mi trovavo in una Firenze che nei miei sogni è sempre più grande della realtà e corredata di una periferia gigantesca. Mi trovavo in un grattacielo con la mia famiglia, oltre mia figlia, che in realtà ho,  avevo anche un bimbo più piccolo e un marito ..che non so chi sia. In questo grattacielo c'era anche un albergo con relativi camerieri, abitavamo al 27° piano e avevo paura ad usare l'ascensore, usavo le scale interne del palazzo che erano strette e con i gradini rovinati. Dal nostro appartamento si vedevano i chiari segni della fine del mondo, c'era mio fratello che trovava 5 micro topi mezzi addormentati di cui 4 piccolissimi alcuni bianchi e alcuni marroni e uno più grande marrone (topo mamma) e diceva che bisognava sbarazzarsene il prima possibile.  Altro segnale erano gli ufo nel cielo e un quantitativo importante di lune. Avevamo paura e io lasciavo la mia famiglia per cercare  un posto al riparo.  Durante il mio cammino incontravo una mia amica cantante che commentava il tutto in modo  allegro. C'era  una marea di persone in strada. Ad un certo punto prendevo una stradina  di campagna e arrivavo in un paesino che nel sogno dicevo essere nel sud della Francia ma che mi ricordava quello del film "L'erba di Grace" (sud Inghilterra). Il posto mi sembrava buono per nascondersi e tornavo indietro per cercare di portare li la mia famiglia stando attenta a non dare troppo nell'occhio. Un rumore poi mi ha svegliata. Vedeteci quello che vi pare ma mi sono alzata sconvolta e ancora mi sento strana..ok non faccio testo.

mercoledì 7 marzo 2012

Post Datato

Amo i quaderni fiorati a righe fatti di carta riciclata marca Pigna. Amo le righe che possono contenere le rivelazioni, i turbamenti e le noie. Immagino di riempirli di racconti strampalati e poesie. Penso alle liste, un tempo facevo liste per qualsiasi osa , gli amici, le spese per le feste, i miei sogni. Considerando che un albero è stato sacrificato per le mie scritture  mi sento un po’ in colpa e penso al karma, quello dell’albero non il mio. Potrei usare questa immolazione per riempire il mio quaderno con parole di pace, oppure potrei infierire ulteriormente scrivendo parole d’odio, scrivere pro o contro qualcosa. Queste righe fatte d’inchiostro potrebbero  rivelarsi utili o talmente prive di opportunità. Sono qui in coda alle poste con questo mio nuovo quaderno e ho ancora 20 persone davanti. Potrei immaginarmi un rapporto amoroso, buttare giù le mie impressioni su come si sta al mondo o limitarmi a descrivere quello che mi sta vicino. Avrei la capacità di trasformarmi in un’insaziabile amante o una cinica assassina. Non sono circondata da facce allegre, forse perché si viene alle poste per pagare o ritirare delle multe e chi riscuote la pensione ormai è vecchio e stanco. Poi c’è la fretta, tutti odiano aspettare e vivono sprecando il loro tempo nei peggiori modi possibili. Si respira impazienza e intanto il sole filtra dalla finestra qua dietro, quanti se ne sono accorti? Dicevo che amo i quaderni fiorati a righe fatti di carta riciclata marca Pigna, quella dell’elementari dalle suore. Mi piace immaginare la potenza dell’inchiostro ed ho ancora davanti 12 persone. Ci sono un sacco di orientali, un bambino con il ciuccio che ride e un signore anziano che risponde sorridendo. Ancora 10 persone ed è arrivato il babbo del bambino, una signora tintinna nervosamente le sue chiavi. – 9 Qua nessuno legge un libro eppure è pieno di gente che legge il proprio telefonino, dovrebbero inserire Guerra e Pace nei cellulari di default.  Pilar direbbe che ci troviamo in un luogo non luogo, come le stazioni e gli autogrill e questo è anche un giorno non giorno. -7 Mi sa che ho un po’ di fame e il bambino ancora ride. Io non potrei mai fare l’impiegata delle poste. -4 Sarebbe buffo che finisse tutto oggi 29 febbraio qui alle poste centrali di Empoli. -3 Il tempo scorre e una signora sui tacchi corre. -2 Il bambino se n’è andato trascinato dai suoi genitori. -1 Mi piace il mio quaderno fiorato a righe marca Pigna, se finisse adesso così non sarebbe poi tanto male.

giovedì 1 marzo 2012

White head (White End - ep. 2)

Nelle precedenti puntate:
Episodio pilota
Episodio No. 1

[secondo uno studio condotto dal MIT il videoclip "embeddato" qui sotto causava violenti attacchi di diarrea psicosomatica ai lettori, pertanto è stato rimosso e sostituito dal suo url, nemmeno cliccabile per evitare aperture causali della pagina. Pertanto, se volete, potete anche copiaincollare l'url che trovate qui sotto in un'altra scheda, ma a vostro rischio e pericolo]

http://www.youtube.com/embed/Qmmg5RjxJxA

Carlo non era un mio amico.
Era una persona che ammiravo.
L'avevo conosciuto un giorno in cui mi sentivo generoso con il mondo e gli ho allungato cinque euro per una stampa.
"Lo prendi un caffé?"
"Volentieri"
Così mi ha raccontato la storia della sua vita. Di come era finito sulla strada.
Della galleria d'arte e della bellissima moglie, parigina, che aveva incontrato durante una mostra allestita ai suoi tempi d'oro, nella capitale chic-con-la-puzza-sotto-il-naso-e-le-baguette-sotto-le-ascelle (luoghi comuni a cura di Carlo).
Quand'era più giovane aveva anche provato a dipingere, ma non era un granché.
(Era anche riuscito a piazzare una sua tavola per un migliaio di euro, vendendola ad un ex sindacalista che voleva "Qualcosa che sembra un Magritto" per la sua "villetta")
Bravissimo, invece, a riconoscere gli artisti veri.
"Quando si tratta di un buon dipinto, io c'ho naso" mi spiegava quasi sganasciandosi per quel forzato paradosso, quella sinestesia pedestre, ma efficace.
In due anni di attività, aveva messo su un giro di affari di 500 mila euro l'anno. Che significava un centinaio di opere vendute. E per lui un ricavo del 20 percento, che però - mugugnava - "se lo mangiavano quasi tutto le tasse."
"Perché io sono uno che le tasse le ha sempre pagate. Perché pure se ho votato Berlusconi una volta, io ho avuto un'educazione comunista. E le tasse bisogna pagarle per dare i servizi a tutti. Ho votato Berlusconi perché era ora che le cose cambiavano. Io, per esempio, mi sono costruito il mio piccolo regno da solo, partendo da zero."
Non sopportava quelli "che si lagnano perché nessuno fa niente per loro. Se vuoi qualcosa, te la devi guadagnare, te la devi sudare."
Sudando, Carlo era anche riuscito a mettere da parte i soldi sufficienti per comprare una galleria di esposizione fissa. E per allestire delle mostre temporanee a Barcellona, Stoccolma, Parigi...
"Quando ci siamo conosciuti, Clarisse aveva due gambe che sembravano colonne di marmo. Dico in senso buono: levigate, lisce, perfette! Io ero un bel ragazzo anche. Non guardarmi adesso con questa pagliaccia bianca in testa. Ero un bel biondo, allora, con gli occhi verdi."
Si erano sposati prima di subito. Senza troppi invitati. Carlo nemmeno aveva fatto arrivare i genitori dall'Italia.
"Non che c'avessimo un rapporto così male, ma io me n'ero andato di casa a sedici anni. Gli volevo bene, ma loro non mi lasciavano seguire la mia strada..."
Poi era arrivato il piccolo Filippo: "La mia copia sputata. Un bambino bello come il sole, che non puoi nemmeno immaginartelo. E non lo dico perché è figlio mio. Sembrava uno di quei dipinti di puttini rinascimentali."
"Si sa come vanno certe cose, però. All'inizio tutto sembra una favola, ma poi... Clarisse non voleva che mi allontanassi da Parigi. Ma come facevo! Io dovevo cercare nuovi artisti, farli conoscere alla gente che compra. Ogni volta che dovevo partire era la fine del mondo. E quando tornavo non era meglio. Diceva - era sicura! - che l'avevo tradita con qualche sgallettata. Ma posso giurare su dio che non le ho mai messo le corna. Anche se l'occasione l'avrei avuta..."
Al giudice, però, non interessava se davvero fosse stato infedele o meno. Il punto è che Carlo non era mai a casa. Motivo sufficiente per addossargli "la colpa" della separazione.
"Ho sempre pagato gli alimenti e tutto! - protestava, anticipando qualunque possibile critica da parte mia - ma quella storia mi ha demolito dentro. Non ne ho più azzeccata una. I miei pittori si sono cercati altri venditori. Tutto quello che avevo messo su se ne stava cadendo come un castello di carte. Per questo ora mi vedi così..."
"Mi dispiace..." ho provato ad accennare, ma Carlo non aveva finito: "Per coprire i debiti ho venduto la galleria. Mi è avanzato qualcosa che ora tengo da parte. Ho messo in affitto il mio appartamento per essere sicuro di avere sempre i soldi sufficienti da mandare a Clarisse e a Filippo. Loro non sanno come vivo adesso e  non lo dovranno mai sapere."

Non sapevo quanto di quella storia fosse vera. Di certo era un po' troppo romanzata e perfetta.

Dopo i primi giorni di neve, ogni tanto, mi ero chiesto dove fosse finito Carlo, con le sue stampe e il suo letto di cartone.
Quando, dopo quei primi tre giorni, la neve sembrava aver concesso un po' di tregua, come tanti altri avevo deciso di uscire a fare un po' di spesa (perlomeno ci ho provato: nei supermercati non si trovava niente. E per fortuna vivevo in città!).
Carlo non era al solito posto.
Ovviamente ho immaginato che fosse in qualche ricovero e non ci ho più pensato.

Per questo, quando ho colpito con il piede quel mucchietto di neve che si è messo a rotolare, non mi sarei mai aspettato di vedere sbucare fuori gli occhi verdi e la testa di Carlo.

Leggi il terzo episodio

venerdì 24 febbraio 2012

Ma prima della fine...

Facciamo casino, partecipiamo al bloggin day per far luce sulla vicenda di Rossella Urru e quella degli altri 9 cooperanti, volontari, turisti e lavoratori in mano a gruppi terroristici. 10 italiani di cui i media non parlano. Oltre Rossella ricordo Giovanni Lo Porto, Maria Sandra Mariani, Franco Molinara, Valerio Longo, Letterio La Maestra, Agostino Musumeci, Valentino Longo, Daniele Grasso e Carmelo Sortino. Possiamo fare noi la notizia e, prima dei Maya, cribbio voglio provarci! 

mercoledì 15 febbraio 2012

Saranno graffiti

È avvenuto qualcosa. Un cambiamento. O piuttosto un non-cambiamento.
Da un'ora in qua, la luce che entra dal rettangolo della finestra è illividita anziché rischiarare, e ha una tonalità fissa che vira al giallastro come pergamena. Fissa, soprattutto. Senza vibrazioni.
Nell'attraversare la stanza con lo sguardo, noto più nitidi i contorni di oggetti familiari che ora sembrano esprimere solo una minacciosa materialità, uno spessore tagliente. Sul tavolino, un giornale mal piegato, chiavi, stagnola appallottolata, foglie secche cadute da un vaso; il tappeto ha un angolo rovesciato, le antine della libreria sono socchiuse, una pila di volumi è rimasta per terra lì accanto. In cucina le stoviglie e i pomoli hanno smesso di brillare, il frigo panciuto è silenzioso e pare in agguato. Le briciole di qualche colazione sul ripiano hanno l'aspetto di fossili, e il lampadario deve essere sparito dentro il soffitto. Il lieve disordine lasciato dal movimento delle vite di chi abita qui dovrebbe confortarmi, ma invece mi pone domande, e mi turbano. E non c'è più quel sottofondo che negli ultimi giorni era sempre presente, quella eco di spari nei boschi: i cacciatori tacciono, tace l'aria tutta. Tace la pendola in ingresso. Non odo risuonare nemmeno i miei passi.
La porta è aperta. Fuori, cielo lontano ma denso e sulfureo, e nessun suono, né uccelli né fronde. L'erba della radura ingiallita e secca come cartone.
Nessuna brezza smuove i cespugli o rimanda odori.
È un'attesa, ecco cos'è. L'attesa di qualcosa. Come quando gli animali selvatici percepiscono un incendio lontano e si arrestano sul ciglio di foreste o burroni annusando l'aria prima di decidere la direzione di fuga.
Ma io lo so, lo so che qui intorno non ci sono animali, né laggiù, da qualche parte, un incendio che si avvicina.
E adesso sento anche, con certezza assoluta, che oltre la curva del viottolo e oltre la boscaglia non esistono più la strada asfaltata né traffico di veicoli né, in fondo alla vallata, il paese di case, piazze, botteghe, uomini e donne che conoscevo. La vallata è disabitata, solo prataglie e rocce e un torrente selvaggio. Non troverei niente e nessuno se scendessi fin là a cercare spiegazioni.
Fuori, qui intorno, invece, ci sono loro, gli uomini seminudi e irsuti che si aggirano curvi e con pietre in mano, prudenti e feroci insieme, gli occhi foschi che saettano come fiere. Non sono ancora qui, ma si avvicinano, circondano la mia casa, l'ultima rimasta, senza scricchiolii di foglie secche, senza scie di odore selvatico, senza richiami gutturali. Li vedo e li odo e li distinguo perfettamente solo nella mia mente. Riconosco la loro presenza, e non me ne stupisco. Stanno arrivando, vengono a prendermi.
Non ho altra scelta, dovrò unirmi a loro.
La luce è ormai da un'ora sempre la stessa, attraversata da un ronzio fisso che ha un che di elettrico. Non c'è dubbio che tutto ciò sia innaturale, eppure è reale e giusto e necessario che sia così. Non ne ho paura né stupore. Il processo è avvenuto, è un dato di fatto. Il Tempo si è rigirato e corre da un'altra parte. Tutto ciò che ancora resta intrappolato in questa bolla è la mia casa e un perimetro di pochi metri intorno che si va riducendo. Imploderà. Sparirà, inghiottito. Cambierà tutto, e anche io.
Ricomincerà daccapo nei silenzi dilatati e nel mondo desertico della preistoria. L'alba, l'alba che torna. Tutto da rifare, da rivivere, da reinventare. E mi aspettano, e manca poco.
Ma ho ancora qualche minuto, le ultime chances. Porterò con me qualcosa, segni irrinunciabili, il viatico minimo per il viaggio. Nessuno è qui per impedirmelo, anche se una remota voce interna mi suggerisce che potrei pentirmene. Rientro in casa, abbraccio con lo sguardo tutto ciò che sto per lasciare e non riavrò mai più, la mia memoria ne fa un fulmineo inventario sentimentale e seleziona poche indispensabili necessità vitali. Mi serve una matita. La trovo sul tavolo. Carta, per ricordare. Strappo un foglio del giornale, userò i suoi margini bianchi. Un'altra cosa, e poi basta; una cosa inutile ma bella, che sta lì, davanti ai miei occhi, e sa già che non la scarterò. È una cartolina illustrata arrivata tempo fa, quando ancora si poteva inviarne e riceverne. Boschi nordici rossi e gialli. Bellissima e dolce. Non posso andarmene senza. Raccolgo il mio bagaglio e cerco le tasche dove infilarlo.
Un fruscio, fuori. Un rametto che si spezza. Una vibrazione. Corro alla soglia, mentre il tempo acquista velocità e ora mi incalza. Ma c'è qualcosa di nuovo su cui spendere ancora alcuni dei pochi istanti che si vanno chiudendo intorno a me. Un paio di occhiali da vista, e faccio a tempo a distinguerne il modello pesante e antiquato, sono lì per terra nell'erba secca. Qualcuno li ha perduti, oppure abbandonati, o lasciati a bella posta per trasmettermi un segnale. Qualcuno è passato, qualcuno con occhiali e fretta di partire. Un tuffo al cuore per questo anomalo messaggio.
Ora uscirò definitivamente dalla casa e dal tempo, e mi metterò in viaggio - ovunque sarà - cercando in ogni cespuglio, grotta, angolo sconosciuto il mio compagno predestinato. Sopravvissuto ed esploratore come me.
I prossimi che lascerò, saranno graffiti.

lunedì 13 febbraio 2012

Le olimpiadi della corruzione



Si fa un gran parlare delle olimpiadi in Italia. Da quando? Da sempre! Io ricordo che fin dalla tenera età sentivo discutere sull'opportunità o meno di ospitare i giochi olimpici estivi nel nostro paese. Alle volte l' Italia proponeva una candidatura (cioè ogni volta) e regolarmente perdeva. Perché? Beh non è il caso di spiegare tutto ma penso che anche i più piccoli sappiano che senza magna-magna non sappiamo organizzare nemmeno una bocciofila. Per cui quando sentite il sindaco di una determinata città che piange perché non è riuscito a entrare in nomination, non fateci caso: lo fa per i suoi elettori rincitrulliti. Tuttavia c'è un'olimpiade che al 100% saremmo in grado di organizzare e senza attendere il 2020; tanto il mondo finisce a dicembre di quest'anno! Sto parlando della Corruzione! Il nostro vero sport nazionale, altro che il calcio, dove le scommesse le fanno di nascosto. I corruttori fanno tutto alla luce del sole accumulando un record dopo l'altro. Pare che anche i giapponesi siano bravi in questa disciplina ma io sono convinto che noi siamo imbattibili. 
Le comodità sono molte: non servono impianti né infrastrutture del resto con l'evasione fiscale che abbiamo ce le possiamo scordare. La spesa è ridotta, tanto questi non fanno fatture né ricevute.

Ma veniamo all'aspetto ludico ovvero le gare che potrebbe offrire il programma olimpico.
Battitura dello scontrino: vince chi ne fa di meno o non né fa proprio.
Rilascio della ricevuta: idem come sopra
Evasione totale: vince chi non paga tasse e non le ha mai pagate (ci sarebbero molte medaglie ex-aequo)
Gara del debito: vince chi "segna" di più quando fa la spesa anche se di mestiere fa l'armatore
Evasione parziale: vince chi qualche volta per una pura variabile aleatoria, ha pagato delle bollette
Lancio del libretto degli assegni: vince chi ne ha il maggior numero scoperti
Tiro della mazzetta: vince chi è più rapido a estrarla dalla manica del soprabito
Falsa testimonianza per concussione e corruzione: vince il miglior cazzaro
110 metri a ostacoli per falsi invalidi: vince chi non abbatte manco un ostacolo
Nuoto di fondo 25 km nel sommerso: vince il datore di lavoro con più dipendenti non registrati

Il simbolo dei giochi olimpici non sarà quello dei classici cinque cerchi, al suo posto cinque paia di manette. L'inno dei giochi "In questo mondo di ladri" di Venditti. Potrebbero essere previsti dei premi speciali come quelli che si danno all'atleta più vincente, all' exploit o al miglior giovane.
Premio David Mills: per chi si fa corrompere meglio

Le medaglie invece che di oro, argento e bronzo saranno di legno; d'altro canto chi si fida a lasciare dei metalli preziosi a quelli...

è ovvio che a questa edizione dei giochi olimpici (un successone) seguirà un'ulteriore manovra da 20 miliardi

domenica 12 febbraio 2012

La vie en blanc (White End - ep. 1)

[Nelle precedenti puntate]



La prima ondata di neve durò tre giorni. Settantadue ore di ininterrotte precipitazioni nevose.
Con intensità variabile.
I primi fiocchi scendevano giù timidi. Anzi, a volte sembravano voler tornare in alto.
Ad ogni lievissima corrente ascensionale.
Poi la neve cominciò a farsi più fitta ed aggressiva. Dopo poche ore le strade della città erano completamente imbiancate.
I meteorologi avevano ampiamente previsto la perturbazione. Ma probabilmente gli amministratori l'avevano sottovalutata.
E si sono mossi con un po' di ritardo.
Quando si forma un primo strato compatto di neve, non è molto facile pulire le strade, almeno finché le nubi non decidano di dare un po' di tregua.
Dopo la prima giornata la città sembrava diventata un enorme ascensore: tutti a parlare solo del tempo. Ovunque.
Fino a quei giorni non avevo idea che ci trovassimo nel bel mezzo di un'era glaciale.
Cioè, ero andato a cercare su Wikipedia solo per curiosità: avevo scoperto che esistono ere glaciali ed ere interglaciali.
Durante le ere glaciali i poli terrestri sono ricoperti di ghiaccio.
In ogni era glaciale, però, si alternano periodi glaciali e periodi interglaciali. Questi ultimi sono caratterizzati da temperature decisamente più elevate.
Ebbene, fino ad allora noi stavamo vivendo in un periodo interglaciale.
Che durava da diecimila anni.
E quindi poteva benissimo starci, a breve, una nuova glaciazione.
Non che allora credessi davvero che fossimo alle soglie di un freezing globale.
Ma adesso... beh, dopo tutti questi mesi dovremmo cominciare a pensare che le cose non torneranno come prima.
Dire che ci siamo abituati sarebbe troppo.
(Abituati a questo clima. Abituati all'assenza di sapore, di colori, di odori, di rumori.
Abituati ad ammazzare...)
Ma stiamo cominciando a farcene una ragione.
Quei primi tre giorni furono per me stupendi, avevo sempre letteralmente adorato la neve.
Vedevo la città rallentare, impantanarsi, mutare i propri ritmi.
Per strada circolavano solo autobus e qualche spazzaneve. L'aria era sensibilmente migliorata e diventava più pulita ogni ora che passava. La notte era magnificamente luminosa, quasi cinematografica.
Il sindaco aveva ordinato la chiusura degli uffici pubblici, cosa che per me significava vacanza.
E significava anche pupazzi di neve, ore passate a scattare fotografie, gare di discesa con slittini improvvisati. La neve mi trasformava in un bambino. Ma forse ero solo un bambino che fingeva di essere un adulto per tutto il tempo. Tranne che con la neve. La neve mi smascherava.
In quei giorni mi ero convinto che la natura volesse mostrarci qualcosa.
Un modo alternativo di vivere. Con calma, senza frenesia.
Un mondo sostenibile, come amavano dire quei fricchettoni ambientalisti.
Muoversi sui mezzi pubblici, lasciando l'auto nel garage.
Fare solo ciò che fosse davvero essenziale.
Prendersi un po' di tempo libero e, magari, fermarsi per giocare.
Mi ero convinto che qualcosa nell'universo volesse indicarci una direzione. Uno stile di vita.
Una vita in bianco.
Ma mi sbagliavo, non c'è nessun senso nessun significato nascosto.
Cominciava solo il nostro annientamento.
Per primi se ne andarono i più deboli, gli anziani, i senzatetto (sì, Cristo aveva ragione: gli ultimi sono stati i primi, a schiattare).

Uccisi da un assassino bianco e silenzioso.
Che avvolge delicatamente le sue vittime e le fa addormentare.
Lentamente penetra in ogni muscolo, in ogni fibra, in ogni cellula del corpo. E lo spegne.


Leggi il secondo episodio

 Grazie alla Principessa degli Zingari che mi ha aiutato nel reperimento della colonna sonora.

giovedì 9 febbraio 2012

Il mondo sarebbe perfetto...

...se non ci fosse la gente. Tutto in equilibrio come deve stare. Ma invece la gente c'è, e manda tutto in merda. E' come avere Aretha Franklin nella stanza che ci dà dentro, che si spolmona e canta solo per te, tipo: "Questa è una dedica speciale per Tillie H.", e poi tutto a un tratto ecco che ti spunta Barry Manilow da dietro la tenda.
Il giorno della fine del mondo non resteranno che scarafaggi e dischi di Barry Manilow, diceva Jazzlyn, la mia Jazz, anche lei mi faceva spanciare dal ridere.
(da Questo bacio vada al mondo intero - Colum McCann)

domenica 5 febbraio 2012

Un'ora d'amore





bibibip bibibip bibibip
ore 7:00
Una mano si muove lenta e spinge un tasto nella sveglia Casio, assemblata da un bambino di 9 anni durante le 19 ore di lavoro giornaliere, in una fabbrica che si trova 10 metri sotto il suolo di Tokio.
- Uffa!!
Due piedi scalzi infilano un paio di ciabatte in lana di alpaca, catturata dai bracconieri durante una battuta di caccia nel canyon del colca, tra la Bolivia ed il Perù. L'uomo si dirige assonnato verso il lavandino del bagno. Le mani portano 3,5 litri di acqua verso le ascelle, la faccia e le parti intime, accorciando la vita di qualche bambino africano, che sarebbe comunque morto di fame tra qualche giorno o al massimo travolto dalla nube tossica sollevata dall'impatto con l'asteroide che avverrà la mattina del 21 dicembre in Danimarca.
- Yawn!!
L'uomo si dirige in cucina, apre il frigorifero e versa 270 ml. di latte di mucca coltivata in un loculo di 2,5 x 1 metri e nutrita con grassi animali. Incendiando carburante fossile generato da millenni di depositi organici riesce a scaldare il latte, in cui aggiunge 20 ml. di una spremuta di semi di qualche arbusto inconsapevole della famiglia delle rubiacee, meglio conosciuta come caffè.
ore 7:28
Due gambe entrano in un paio di jeans di cotone ottenuto dalla peluria di semi di una pianta della famiglia delle malvacee, anch'essa inconsapevole, cresciuta nella foresta amazzonica. I piedi entrano in un paio di scarpe di camoscio, strappato alle cure della madre nell'appennino abruzzese e le braccia inforcano un maglione di lana di pecora, sapientemente tosata, che ora attende di guarnire un kebap nel vicino porto di Genova.
ore 7:37
- Merda, anche oggi in ritardo.
La chiave entra nella serratura dell'automobile, ma fuoriescono 2 cm di gomma sintetica e con una leggera pressione della mano accende l'auto che si accoda al traffico urbano, generando 250 g di CO2 che fanno da corredo ai ben più dannosi effetti della centrale a carbone di Vado Ligure, dove il tasso di mortalità supera di 10 volte quello della media nazionale.
ore 7:52
Il pedone che decide di invadere le strisce davanti all'automobile viene immediatamente redarguito da un'onda di 90 dBA di clacson e da un'altra di appena 40 dBA:
- Togliti idiotaaa!!!
Trovare parcheggio è come imbattersi in una doccia a gettoni nel centro del Sahara, per cui è meglio optare per uno scarico merci con parchimetro da cambiare ogni ora.
ore 8:00
Un flusso di elettroni corre veloce dal muro all'alimentatore, che lo distribuisce alle periferche. Subito dopo il boot, il sistema operativo prende il controllo dei circuiti in silicio, che entro qualche mese verranno ammucchiati in Kenia, nella più grande montagna di rifiuti del mondo. La freccia del puntatore si dirige verso l'icona del player.
Click  

venerdì 3 febbraio 2012

This is the ( real ) end

Il 21 Dicembre 2012 non successe nulla di particolare.
Se tralasciamo l'estinzione di massa del genere umano, ovvio.
A quei tempi noi polpi eravamo ancora "dormienti".
Avevamo già un'elevata capacità d'apprendimento, ma non vivevamo abbastanza a lungo da poterne usufruire.
Poi, in trecentomila anni, ci siamo evoluti: siamo diventati più longevi ( i più vecchi tra noi hanno 2300 anni), ci sono cresciute zampe ed ali ( assomigliamo un po' a quel Chtulhu di cui parlava un certo Lovecraft), abbiamo riattivato Megavideo.
L'arte è una cosa che vi siete portati con voi: ogni volta che agguantiamo una penna, un pennello, uno strumento ci scopriamo a copiare la vostra letteratura, dipingere i vostri quadri e suonare le vostre canzoni.
D'altro canto, sembra che anche in passato si finiva sempre per creare le stesse cose.

Ci sono state parecchie guerre, epidemie, carestie, sbalzi climatici, invenzioni, geni, esplorazioni spaziali, scoperte mediche, filosofi, religioni, un po' di questo, un po' di quello.
La maggior parte di noi non ha visto nulla di tutto ciò.
Quasi 10.000 anni fa, tutto è finito.
Abbiamo scoperto che lo spazio è chiuso.
Questo significa che non c'è nessuna evoluzione, fine o scopo.
L'entropia brucerà tutto.
Inesorabilmente.
Nessun nuovo inizio, nemmeno nessuna morte.
Sola stasi.

In questo tempo abbiamo studiato ogni tipo di scappatoia: le dimensioni parallele stanno tutte collassando, i viaggi temporali si sono rivelati mortali per gli esseri viventi, i quali rimangono intrappolati in un loop di paradossi.
Abbiamo cercato altre vite, con scarsi risultati.

Ed ora, abbiamo deciso, c'è una sola soluzione, molto all'americana, forse, senza nessuna prova che avrà una qualche utilità, certamente.
Faremo scindere ogni atomo dell'universo.
Libereremo un quantitativo di energia teoricamente abbastanza grande da superare quello dell'energia oscura, la ricalibreremo, espanderemo l'universo e faremo rinascere la Fenice.
Un gran bel Big Bang...

Scusate...
Prima ho parlato di teoria, ma avrei dovuto scrivere piuttosto che questo è un atto di fede, il primo da millenni.
Non siamo molto bravi nel credere, ci rendiamo conto di stare per distruggere tutto, irrimediabilmente.
Ora che abbiamo una così triste Verità assoluta, non possiamo che aggrapparci alle più stupide, infondate, imprecise bugie: voi la chiamavate speranza.

Scrivo questo e lo mando a voi.
Probabilmente non ci farete niente, un file nel mucchio.
Oppure gli darete un peso, ma presto vi renderete conto di quanto nulla potete fare.

Perché lo faccio?
Per noia.
Sapete che se esplodesse il Sole, iniziereste a sentirne gli effetti negativi solo dopo circa otto minuti, il tempo che ci mette la luce a percorrere la distanza tra la stella e la Terra?
Il Gran Casino qui è già iniziato da un pezzo, ma sapete quanto ci mette la luce a raggiungere la Terra dal centro della Galassia?

giovedì 2 febbraio 2012

White end - Episodio pilota

Ho commesso il mio primo omicidio 6 mesi fa. Per fame. No, non per mangiare la mia vittima. 
Non ero ancora cannibale allora.
Per accaparrarmi l'ultimo pacco di biscotti di quel maledetto supermercato di periferia. 
Non volevo ucciderlo. 
Una cosa del genere, un tempo, l'avrei definita "preterintenzionale". 
Oggi li chiamiamo incidenti
Anche quando incidenti non sono.
Quel giorno, invece, giuro su dio che volevo solo quei dannatissimi biscotti.
L'ho spinto giù dalla scaffalatura. 
E deve essersi rotto l'osso del collo o qualcosa del genere. 
In tutta quella confusione non se n'è accorto nessuno, ma se anche qualcuno ci avesse visti, se ne sarebbe tranquillamente fottuto.
Non so nemmeno perché le scrivo queste cose: quelli che sono ancora vivi le conoscono già. 
Per i posteri? Sappiamo tutti che non ci saranno posteri. Non umani almeno.
Forse le scrivo per ricordarmi com'è cominciato, com'è che abbiamo perso lentamente ogni briciolo di umanità.
È iniziato tutto con una giornata di neve. Il 31 gennaio 2012.
I primi giorni, per tutti il danno più grave era la sospensione del campionato di serie A. 
Che stronzi che eravamo.
Secondo il meteo "la perturbazione anomala" sarebbe durata "una decina di giorni al massimo."
Cazzate.
"Beh, prima o poi dovrà smettere di nevicare" dicevano tutti.
Ne Il Corvo, il protagonista sentenziava: "Non può piovere per sempre!" (It can't rain all the time).

Ma può nevicare per sempre?

Il mio barbiere - quando mi curavo di avere un barbiere - mi raccontava sempre questa storiella:

-  Mentre Noé costruiva la sua Arca, continuando a lavorare anche sotto la pioggia insistente, gli altri uomini lo deridevano per la sua pervicacia:  "Noé, pensa piuttosto a trovarti un riparo: non pioverà per sempre."
Ed ogni volta, pazientemente, Noé rispondeva: "Forse no, ma può piovere abbastanza."

Continua ... Episodio No. 1

lunedì 23 gennaio 2012

Eve of Destruction



L’apocalisse affondò le sue origini nell’edonismo.
Il verbo del club Dìas como Diòs di Buenos Aires scoccò come una freccia al curaro dell'ultimo Waorani e avvelenò il mondo. Era luglio e nel misero tempo di una settimana miliardi di individui armati e convinti avevano scelto di vivere gli ultimi sei mesi della loro vita “da Dio”.
La scientifica certezza che StarOne, l’asteroide ginormico proveniente da Galaxia, avrebbe impattato la Terra era notizia di qualche giorno: nessuno avrebbe salvato le penne. Nessuno.
Cercare di vivere alla grande gli ultimi sei mesi di mondo parve subito una decisione inevitabile per molti.
Seguirono gli assalti a tutto, si cominciò dalle banche e dagli ipermercati per finire con le fattorie e le fabbriche di cioccolato.
Nel giro di due settimane il denaro perse completamente il suo valore. Le riserve auree furono depredate dall’interno, ma l’oro valeva meno del letame.
I buoni e gli onesti, gli ultimi, diventarono i più perfidi e malvagi, e si scatenò una sorta di tutti contro tutti che portò all’abbrutimento totale. Individui contro individui, paesi contro paesi. Sgarbi e vendette si susseguirono in un ciclo inarrestabile.
Niente serviva a niente. Alimentarsi e fare l’amore dentro a un concerto detonante di bombe era tutto quello che restava da fare.
Un’escalation rapida di distruzione provocò infine La Nube, un composto chimico letale che avvolse il pianeta in un venefico abbraccio.
L’ultimo esemplare della razza umana, Tetsuya Watanabe, morì asfissiato nel suo rifugio antiatomico il 20 dicembre 2012.
Il giorno successivo lo StarOne, proiettato a mille sul cielo antartico, fu inghiottito da un buco spazio tempo, manco fosse una mentina, e sparato in una dimensione confinante ma remota dove mise fine al dominio dei grandi rettili. Per sempre, e mai.
La razza vivente più evoluta sul pianeta risultarono essere i pesci. Avrebbero dovuto applicarsi con pazienza e determinazione, sviluppare cellula a cellula di nuovo i polmoni e poi ricreare ancora quelle buffe appendici podaliche. Ci sarebbero voluti milioni di anni, sì, ma da qualche parte, un giorno, si sarebbe visto ancora un uomo, questo era certo. Un uomo piegato su un foglio, a studiare il rapporto irragionevole tra la circonferenza di un cerchio e il suo cazzo di diametro.
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Questa session di musica e parole partecipa al Premio Gigi Reder
come anche:
Sembrava un gioco - by lillina
California Dreamin'  - by melusina
We take care of our own  - by giodoc
Poi - by la donna camel
Emozioni - by melusina
Il disadorno arredo dell'amore - by dario
Il cielo sopra Milano - by rory
La banda degli ifoughthelaw  - by cielo
Ho giocato a calcio - by hombre

venerdì 20 gennaio 2012

LA FINE DI MEGAWORLD

Sottotitolo: Una storia qualunque - non la mia

Pur di evitare di pagare un biglietto al cinema sotto casa, abbiamo fatto arricchire questo tipo:

Kit Dotcom, fondatore di Megaworld, mentre si gode i successi  della sua azienda e fa a noi "buuuuuuu"
Mentre Kit se la spassava tra bollicine di sapone e belle ragazze, noi passavamo ore a caricare un file in streaming. Per venti minuti di telefilm, aspettavamo ore prima che il file si caricasse. Che poi, dato che non eravamo utenti premium, appena potevamo vedere il telefilm, il video si bloccava e dovevamo aspettare un'altra ora per superare il blocco. Finito il blocco, dovevamo ricaricare il file. Finalmente riuscivamo a vedere un po' di telefilm e il video si bloccava di nuovo. E così, un circolo vizioso quotidiano. Alla fine, nel complesso, arrivati a notte fonda con occhi gonfi e stanchi, calcolavamo di aver perso 22 ore circa per caricare 80 minuti tra The big bang theory, Dottor House e How I met your mother.

E Kit se la spassava.

La Concordia mentre fa l'inchino a Kit che a noi fa "buuuuuuuuuu"
Da ieri, però, non più.
Ora è in carcere, arrestato in Nuova Zelanda dall'FBI grazie a un mandato di arresto internazionale per associazione a delinquere con finalità di estorsione.
Siamo tutti noi le vittime di questa assai temibile organizzazione finalizzata ad estorcere il nostro tempo!
L'FBI ci ha vendicato. Nemmeno J.Edgar Hoover sarebbe riuscito a farsi dare un mandato di arresto internazionale per un crimine così grave.
Finalmente noi possiamo riappropriarci della nostra libertà. Torneremo a vedere film al cinema e pagheremo gli abbonamenti delle pay-tv.
Il prossimo 21 dicembre il mondo finirà e ricomincerà SENZA MEGAVIDEO E MEGAUPLOAD.
Saremo allora più IGNORANTI (avremo visto meno film) e più POVERI (perché avremo dissipato il nostro patrimonio per pagare le pay-tv). Ma saremo più FELICI, perché avremo riguadagnato il tempo che Kit ci aveva estorto contro la nostra volontà.
In carcere non farà più il bagno con le bollicine, e nemmeno noi perché avremo finito i soldi per comprarci il bagnoschiuma. Quindi saremo anche sporchi. Ma chi se ne importa? Saremo felici!

BUONA FINE DI MEGAWORLD a tutti!

PS: Qualcuno mi sa dire il link della prima puntata della seconda stagione di Game of Thrones? Grazie, non riesco a trovarlo!!!

2PS: In quanto vittima, vorrei costituirmi parte civile nel processo di Kit negli States. Qualcuno mi sa dire come si fa? Grazie!!!!

Ogni riferimento a fatti, persone o cose reali è puramente casuale. Se avete trovato qualche contenuto coperto da copyright, non disturbatevi a chiedere un mandato di arresto internazionale, ma sarà sufficiente mandarmi una mail all'indirizzo hovogliadicinema@gmail.com e provvederò a rimuovere il contenuto suddetto. 

venerdì 13 gennaio 2012

Corto circuito

Vorrei proporvi un piccolo dilemma esistenziale:

Prima che il mondo finisca, mi piacerebbe fare qualcosa per cui essere ricordato.
Sì, ma da chi?

(un minuto di riflessione - per essere sicuri che sia proprio un minuto intero, potete misurare l'inarrestabile scorrere del tempo sul counter, appena "aggiustato" qui affianco)

Ovviamente se per "fine del mondo" intendiamo la fine di tutto la risposta è semplice: da nessuno.
Non sappiamo quando il mondo finirà, ma sappiamo che ci sarà un momento in cui tutto quello che l'umanità ha mai rappresentato sarà spazzato via per l'eternità.

Pertanto ha senso fare qualcosa per cui essere ricordati, se non ci sarà nessuno che potrà ricordarci?

(altro minuto di riflessione)

Restringiamo il campo e respiriamo a fondo.

Tutti siamo destinati a morire.
Se anche non saremo gli ultimi a morire e quindi qualcuno potrà ricordare le nostre gesta dopo la nostra dipartita, noi non verremo comunque a saperlo, perché saremo già morti.

Ha senso, quindi, fare qualcosa per cui essere ricordati anche se ci sarà qualcuno che potrà ricordarci?

(come sopra)

Riduciamo ancora di più l'essenza della questione.

Perché vogliamo essere ricordati? Affinché possiamo essere, in qualche modo, immortali?
Ma dato che, un giorno (anche lontano) tutto avrà fine, ha senso volere essere ricordati?

No.

E se non abbiamo almeno un fine, ha senso fare qualsiasi cosa?


Ontologicamente, no.

Siamo di fronte ad un corto circuito.

O forse no.

Non agiamo per essere ricordati "dopo" la nostra morte, ma quando siamo ancora in vita.
Quando siamo ancora esistenti.
Agiamo affinché gli altri riconoscano che siamo esistenti e che la nostra esistenza è valida.

Agiamo per vanità.

Quindi è la vanità che sorregge l'esistenza. E la figa, ovviamente.

CONTO...DA DOVE?

Scusate, ma da brava pignola vorrei far notare che il conteggio alla rovescia qui a destra si riferisce all'ora italiana...non sarebbe più corretto usare quella messicana?

Come si ponevano i Maya di fronte ai fusi orari?

E quando questa fine del mondo è stata "rivelata" c'era l'ora legale o era quella solare?

E la ricetta delle tortillas era ancora quella di oggi?

Ma soprattutto sarà presto per prenotare al ristorante messicano?

mercoledì 11 gennaio 2012

Il domino di Dio è in mezzo a noi

Eccolo lì, seduto sulla banchina.
Il mio animo catastrofico fa penzolare le gambe verso il mare con aria svogliata.
Mi avvicino, lentamente, mi ha sempre messo soggezione quella mia personalità.
Lui gira la testa verso di me, ma non mi guarda negli occhi, guarda dietro di me, come se fossi io la proiezione mentale, non lui.

- Ti ho già raccontato come andrà a finire?
- Sì, ma fallo di nuovo, voglio scriverne.
- Davvero? Ne vale la pena?
- Non lo so, ma mi va, di conseguenza, va anche a te.

Dimentico sempre che è nella mia mente, o meglio è la mia mente.
Quando sento l'inizio della canzone mi guardo attorno, cercando una radio accesa su di una barca o uno studente che torna a casa ascoltando la musica al cellulare.
Lui ride, batte col dito sulla sua testa, che è poi la mia, come per ricordarmi che ha il controllo sulla mia memoria uditiva.

- Ci sarà un talk-show, chiameranno un biologo, un fisico, un prete, un'alimentarista, qualsiasi cosa sia, e un perito agrario di fama mondiale.
No, non è una barzelletta, sì, la televisione andrà ancora più a puttane.
Complimenti, è merito di quelli come te, quelli in carne e ossa.

( Let me tell you a story to chill the bones
About a thing that I saw)

- Un dibattito banale, l'aborto, condotto da Barbara D'Urso.
A reti unificate. Diretta mondiale. Doppiato in 23 lingue, sottotitolato in 42.
La D'Urso dice qualcosa il pubblico applaude, normale routine.
Non fosse che il biologo ed il perito iniziano a parlottare tra loro, ignorando ciò che succede loro attorno.
"Senta lei" dice il consulente dal pollice verde, Mario Rossi per comodità, interrompendo la fastidiosa donna durante un sproloquio pomposo e retorico, come questo che mi stai costringendo a ripetere.
"Venga un attimo qui, vorrei sapere la sua opinione".

(Not aware of the presence so near to me
Watching my every move)

Al che l'alimentarista, un po' imbarazzato, si alza e li raggiunge dall'altra parte dello studio.
È un uomo pratico, Giacomo Sorni, ma soprattutto curioso: fa presto a gettar via la titubanza, lasciando il posto ad un fervore quasi grottesco nell'assorbire l'argomento del dibattito e nell'esporre dati su dati.
Il pubblico a casa non sente praticamente nulla, i microfoni sono spenti, i doppiatori sono muti, la D'Urso si agita per lo studio come un cane con la rabbia.

(Feeling scared and I fell on my knee
As something rushed me from the trees)

Il prete si avvicina e per il momento ascolta.
È cosciente che una citazione biblica non servirebbe a molto, deve attendere il suo turno per dire qualcosa d'intelligente, possibilmente non tratto da un libro che ha ripudiato la notte prima, sotto l'influsso di una tanto poco satanica quanto molto umana e triste sbronza.
Il fisico guarda i numeri e commenta che i calcoli sono sbagliati, ma per fortuna Pietro Alessi li può correggere.
Pieno di sé, tira fuori una matita dal taschino della giacca ed inizia a scrivere sul bracciolo della poltrona di pelle bianca.

(Into the circle of fire I followed them
In the middle I was led)

Ora i suoni che emettono sono stati amplificati di mille volte, in modo che il mondo non perda neanche un sibilo, un fruscio, uno dei fendenti che la matita di Alessi assesta alla poltrona.
Ora è passato allo schienale, i suoi nuovi colleghi lo aiutano fornendogli le nozioni imparate in anni di vagabondaggio tra università, congressi, libri e studi sperimentali.
Il prete si rivela molto utile: bloccati sulla situazione dell'Africa, porta i compagni all'epifania.
Lui che è stato missionario, lui che ha portato il Verbo, lui che ci ha vissuto la sa la situazione: sono irrimediabilmente fottuti.

( And I felt I was in a trance
And my spirit was lifted from me)

E così vanno avanti per una mezz'ora buona, con la conduttrice che barcolla per lo studio in preda ad una crisi isterica, il pubblico del mondo intero che si raduna davanti a televisori, radio, computer.
Per mezz'ora il mondo si ferma.
L'imperatore-dio del Giappone blocca un suo discorso a metà per guardare cosa succede sul suo tablet.
In Antartide, un gruppo di ricercatori dimenticano i loro compagni, usciti per alcune analisi su non so che, probabilmente ghiaccio, i quali muoiono di assideramento, bloccati in una tormenta senza ricevere alcuna risposta agli S.O.S.
Succedono, o smettono di succedere altre cose fighe, ma io no sono la personalità adatta a descriverle.

( As I danced with the dead
My free spirit was laughing and howling down at me)

Hai una sigaretta?

- Ecco, tieni.
Ma in verità la porto alla mia bocca: se la porgessi a lui cadrebbe semplicemente nella baia.
Aspiro e ricomincio, rincomincia, ricominciamo, come vi pare.

- "Fatto" dice il fisico " i calcoli sono finiti".
Gli spettatori non possono vederlo in faccia, da loro la schiena, ma fidati di me, sta sgranando gli occhi in questo momento.
Le mani gli tremano, il sorriso compiaciuto diventa una maschera di follia, scappa via urlando.
Gli altri intanto ci sono arrivati, hanno capito gli ultimi passaggi e si accingono ad imitare il collega.

( I ran like hell faster than the wind
But behind I did not glance)

L'equazione non mente.
Non ci sono errori, è inutile ricontrollare.
Siamo troppi.
Troppi per sfamarci, troppi per abbeverarci e nel giro di poco saremo troppi persino per respirare.
Davvero poco.

Il prete, ultimo rimasto del quintetto, si avvicina marciando alla telecamera 3.
Spinge via con decisione una Barbara catatonica che gli sbarra la strada biascicando di famiglia italiana e di morale universale e lei cade per terra di faccia, rompendosi il naso.
Non si alzerà mai più dal pavimento.
Morirà quattro giorni dopo d'inedia, ma non prima di aver sancito l'ultimo Guinness World Record: ultimo essere umano vivo sulla faccia della Terra.

E così iniziò l'ultimo discorso.
"Il domino di Dio è in mezzo a noi!"
Così si concluse, con un errore di battitura.

Niente grandi piani per la salvezza, niente idee geniali, niente coltivazioni su Marte, niente.
Solo un grande cannibale massacro, da essere citati in tribunale per plagio da Romero.
Ad un certo punto ci si sarebbe potuti fermare, rendersi conto che adesso si era meno di prima, che magari ora c'era il tempo per pensare ad una soluzione, per salvarsi il culo e poi rattristarsi per le "vittime della carestia".
Ma non fu così: l'umanità tutta si sentiva per la prima volta unita sotto un unico stendardo, un unico scopo.
La follia.

Ha finito, ora torna a guardare il mare, cerca un riflesso che non vedrà mai.
Io prendo un'altra sigaretta, ma non si accende.
Si è bagnata troppo di sangue.

"To this day I guess I'll never know
Just why they let me go
But I'll never go dancing no more
'Till I dance with the dead"

Iron Maiden, Dance of Death

martedì 10 gennaio 2012

Ci siamo

La penisola dello Yucatan è già da tempo assaltata da orde di turisti a caccia di testimonianze dei Maya sulla fine del mondo. Un inquietante silenzio sta accompagnando Nibiru verso la sua prossima collisione verso il nostro pianeta. Le tempeste solari sono ormai imminenti  e Claudio Lippi che presenta La Prova del Cuoco al posto di Antonella Clerici è stato solo un assaggio di quello che potrà capitarci da qui al 21/12. Siamo nel pieno dell’era dell’ultimo Papi e del 111° Papa che, come da profezia di Malachia, sarà l’ultimo e decreterà la  fine di Roma (e pure de’ la Lazio) e "quando la città dei sette colli sarà distrutta, il terribile giudice giudicherà il suo popolo"  (essendo Santi Licheri morto da un paio di anni presumo che tale profezia parli di Dio).  Vi è  l’imminente pericolo di una guerra nucleare e potrebbe verificarsi la tanto temuta inversione dei poli. Le avvisaglie non mancano a cominciare dal Colosseo che perde pezzi di tufo fino al terribile rischio di sospensione, per mancanza di audience, del Grande Fratello 12. Ma il segnale più inquietante è quello che vede sottosegretari alla Presidenza del Consiglio si ritrovano fra capo e collo week end di lusso pagati a loro insaputa. Non c’è più religione e pure Sant’Alfonso dei Liguori  aveva previsto l’abbandono della fede da parte delle nazioni del globo. Non ci rimane che attendere il ritorno degli ebrei in Terra Santa e la venuta dell’Anticristo. Intanto  gli ex naufraghi si preparano al ritorno nell’Isola dei Famosi e anche questo è un segno eloquente che la fine ormai è prossima. 

domenica 8 gennaio 2012

Crescita o progresso?

Crescita (economica): L’insieme degli aspetti quantitativi dello sviluppo, misurati attraverso le principali grandezze macroeconomiche (reddito nazionale, investimenti ecc.). La teoria della crescita si distingue dall’economia dello sviluppo per l’attenzione esclusiva agli aspetti quantitativi e alla formalizzazione, a discapito dello studio degli aspetti istituzionali, storici, etici, antropologici che condizionano i processi di sviluppo nelle diverse regioni del mondo – fonte: Enciclopedia Treccani Progresso: lo sviluppo verso forme di vita più elevate e più complesse, perseguito attraverso l’avanzamento della cultura, delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, dell’organizzazione sociale, il raggiungimento delle libertà politiche e del benessere economico, al fine di procurare all’umanità un miglioramento generale del tenore di vita e un grado maggiore di liberazione dai disagi - fonte: Enciclopedia Treccani Non riesco proprio a capire perché la parola d’ordine per la ripresa dell’Italia debba essere per forza ‘crescita’. Non ci sono mai stati spazi per una riflessione su questo e dubito ce ne saranno nel prossimo futuro. Le prime pagine dei giornali, in questi mesi, hanno ospitato solo questo termine che è stato sposato indistintamente da maggioranze e opposizioni, governi tecnici e politici, destra e sinistra. La crescita è diventato un imperativo, non è un modello di sviluppo ma l’unica dottrina possibile. Eppure, rileggendo le due definizioni (di certo non figlie di una cultura ideologicamente orientata), continuo a non capire perché il dibattito si sia fossilizzato su un concetto che esclude gli aspetti culturali e il benessere individuale collettivo dall’analisi, riducendo lo stesso benessere come un indicatore economico: più ci si arricchisce (a livello sistemico) meglio si sta. Il progresso è un concetto inclusivo ed estensivo, la crescita no. Se nella definizione di progresso leggiamo ‘il benessere economico’ tra le variabili che concorrono al suo raggiungimento, non leggiamo lo stesso tipo di cura per ambiente, etica, valori, cultura, all’interno della definizione di crescita. Il mio invito è dunque di cambiare la variabile oggetto dell’analisi: è provare a passare dall’idea di crescita a quella di progresso. Inseguire la crescita non è la soluzione: la corsa all’oro cancella ogni attenzione per tutto il resto. E quando l’economia implode (come oggi) non ci sono meccanismi di tutela né di garanzia per i cittadini. La necessità di dover dividere l’economia ‘reale’ nelle analisi rispetto a qualcos’altro, che evidentemente è ‘irreale’ o ‘virtuale’, spiega fin troppo bene come i meccanismi della finanza (tutti orientati alla crescita) non producono necessariamente ricchezza per le nazioni e gli individui, né tanto meno garantiscono il progresso. Il punto, almeno per me, non è passare dalla crescita alla decrescita, più o meno felice. Oggi come non mai, la parola decrescita spaventa, perché è associata alla parola ‘recessione’. E definizioni alla mano, parlare di decrescita è improprio perché non si può davvero sperare che il reddito nazionale e gli investimenti scendano, né credo che chi parla di decrescita voglia davvero meno ricchezza: piuttosto chiede più sostenibilità e rispetto dei diritti individuali e collettivi, sociali e ambientali nel progresso economico. Per tutte queste ragioni, io sono progressista

fonte

Io ho studiato microbiologia. Voi starete pensando "e che c'azzecca con quello che ho appena letto?". In realtà l'articolo di Amenduini mi ha fatto subito pensare a un particolare esperimento di coltura batterica. I microbi vengono nutriti con la massima quantità possibile di nutrienti per fare in modo che crescano rapidamente e tutto viene riportato su un grafico. C'è un momento in cui il numero di microbi nella capsula supera il fabbisogno di nutrienti. Questa fase è definita crescita esponenziale e significa che dopo il raggiungimento di essa è possibile soltanto una decrescita: molti batteri muoiono fino a quando il livello di nutrienti è in grado di sostenere tutta la colonia. Io penso che noi siamo in quella fase di crescita esponenziale e che possiamo solo scendere. Provate a immaginarvi al posto di quei batteri nella capsula: cosa vorreste? Probabilmente avreste bisogno di mangiare meglio, magari di meno ma in modo che tutti possano essere soddisfatti. Si può parlare di una ridistribuzione delle risorse; concetto che è facile da dire ma come abbiamo notato fin da quando abbiamo letto i libri di storia, risulta assai arduo da mettere in pratica.

Rischiamo veramente di fare la fine di quei batteri da cui gli scienziati si aspettano solo alti rendimenti, rese massime. Puntano alla quantità. Noi dobbiamo puntare alla qualità, a cominciare da quella dei rapporti tra individui e questa non dipende da teorie, grafici o indici telematici. Dobbiamo essere noi quelli che dicono NO alla crescita esponenziale.


sabato 7 gennaio 2012

BUM o PUF?

- Allora, tu come te la immagini?
- Come me la immagino cosa?
- La fine del mondo, no?
- Ah, quella.
- - -
- - -
- Allora?
- Beh, le solite cose.
- Solite??
- Sì, insomma, strade che si spaccano, tubature che saltano, esplosioni, incendi, crolli. Voragini. Tsunami. Vulcani che sparano lava e i cosi, i lapilli.
- Tutto qua? E una bella epidemia di peste no? Un'endemia di enterocolite emorragica?
- Cos'è un'endemia?
- Come un'epidemia ma più grande. Ignorante.
- Ho fatto la terza media…
- Anch'io. Eravamo compagni di banco.
- Ripetenti…
- Sì ma poi ci hanno promossi.
- A calcinculo.
- Vabbè, checcentra adesso. Torniamo alla fine del mondo. Alle voragini che dici tu.
- Scusa ma non c'è niente da scherzare. Fine del mondo uguale distruzione. Crolla tutto e noi restiamo sotto le macerie.
- O inceneriti da un'esplosione, o da un incendio.
- Esatto.
- E tu come lo sai?
- L'ho visto in un film. In più di uno, anzi.
- Un film. Vedo. E le parole "effetti speciali" non ti dicono niente?
- Vuoi dire che è tutto finto? Certo che lo so che al cinema è tutto finto, però cavoli se pare vero.
- Realistico, vorrai dire, non "vero". E non "certo". Ipotesi, possibilità. E più sono catastrofiche più vendono al botteghino. Pirla che sei.
- Perché tu scusa come te la immagini la fine del mondo?
- Bella domanda. Anzitutto c'è da chiedersi se ci sarà sul serio oppure è un'altra bufala.
- No no, stavolta è vero, lo sanno tutti.
- Io mi ricordo che a scuola ci dicevano un'altra cosa. Che il mondo sarebbe finito fra miliardi di anni, che sarebbe, tipo, esploso il sole. Ci hanno insegnato cose tipo èra glaciale, desertificazione, estinzione graduale delle specie viventi. Il tutto spalmato in miliardi di anni.
- Tremendo, però.
- Sì ma tanto noi non ci saremo più comunque.
- Ma ci saranno i nostri discendenti, i figli dei figli dei figli…
- Perché tu hai figli?
- No. E neanche tu, a dire il vero.
- E allora? A me piaceva quella storia lì, dei miliardi di anni.
- A quella ci credevi?
- Eccome. Invece non ci credo che finisca tutto in quattro e quattr'otto, e con una data precisa per di più. Mi pare una gran cazzata. Non è una roba scientifica.
- E allora mi spieghi perché gli scienziati si sono già messi al sicuro?
- Come sarebbe? Non ne so niente.
- Dicono che ogni giorno da certe basi segrete partono navette spaziali cariche di scienziati che migrano chennesò, sulla Luna o su Marte o magari su un asteroide già tutto attrezzato in gran segreto.
- Questa è proprio grossa! E dove l'hai letta?
- L'ho sentita dire in giro. Tanta gente ci crede, e giura che è vero.
- Pirla che sei.
- - -
- Poi un'altra cosa mi chiedo: ma a finire sarà solo la Terra o tutto l'universo?  Perché in questo secondo caso allora sì che non ci sarebbe più scampo per nessuno, neanche per i tuoi scienziati. Metti che finisca solo la Terra, beh l'universo può andare avanti benissimo senza di noi. Ma se è l'universo a finire, allora sì che siamo fregati.
- Allora in fondo ci credi, alla fine del mondo?
- Che ne sappiamo noi, abbiamo fatto la terza media. Si fa per parlare, no? Per passare il tempo.
- A proposito, quanto manca?
- Poco.
- - -
- E se invece di esplodere sparisse tutto in un istante? Sai come una specie di magia, di gioco di prestigio. Un momento ci sei, c'è tutto, un attimo dopo il Nulla completo. Senza passaggi intermedi. Puf.
- Ma no, dai, che delusione. Un'esperienza così, e neanche te ne accorgi! Io preferirei le strade che si spaccano e lo tsunami, almeno c'è lo spettacolo. Si potrebbe trovare un posto molto in alto…
- Un grattacielo? No, aspetta, i grattacieli sono i primi a venir giù.
- Una montagna, meglio. Oppure un aereo. Sai dall'alto come ti godi la fine del mondo? Altro che effetti speciali. Real life. L'ultimo episodio, ma almeno te ne vai con una bella scarica di adrenalina. Bum!
- Sì, le montagne dovrebbero sgretolarsi per ultime, ma alla fine è sempre un bel mucchio di macerie che ci aspetta. Invece come dico io è indolore.
- Non ci resta che aspettare.
- Appunto.
- Quanto manca, adesso?
- Un po' meno di prima, pirla che sei.
- - -
- Allora, bum o puf?
- Io bum.
- Io puf.
- - -
- Che ne dici di un altro goccetto?
- Eh. Perché no?

Dodici


Per Walter 'sta cosa dei capelli era sempre stata un problema. Andavamo ancora a scuola e lui già ne perdeva a ciuffi. Erano tempi in cui i pelati non erano ancora di moda e risultava essere un guaio andare in giro senza un’adeguata chioma.
Ragazze nisba, tanto per capirsi.
A 35 anni poi s’è sposato pure lui, quando ormai il fatto di tenere quella testa monda non era più per nessuno un problema, ha trovato una zoccola, l’ha ingravidata e via andare sui binari di una vita solida e accelerata con o senza brio.
Adesso a 50 anni, separato da 2, Walter si è trovato per le mani questa figa di 20 che gliela dà, non gliela dà, gliela darebbe… e s’è di nuovo fissato coi capelli.
È sicuro che con un bel cesto di riccioli in capo si può portare a letto la piccola, e poi chissà magari anche qualche sua amica. E una di vent’anni lui non l’ha mai trombata, manco quando li aveva lui.
Io, Piero e Luca siamo i suoi amici storici e oggi l’abbiamo accompagnato al PalaTrico di viale Europa. Siamo giù, al bar di fronte, ci sorbiamo un caffè intabarrati dentro ai cappotti, aspettiamo.
Il trapianto è un nuovo tipo, ti sparano dentro il cuoio capelluto una milionata di bulbi attraverso un congegno in titanio e silicone a forma di casco.
Un paio d’ore e sei fuori, rinfoltito nel pelo e alleggerito di 15mila euri. Ma i soldi sono l’ultimo pensiero per Walter, adesso. Conta solo la figa giovane, che è il fine. Il capello è il mezzo.
Il Mondo, lo chiamavamo, perché a dirgli pelato s’offendeva, Walter.
Esce dal PalaTrico che nemmeno lo riconosciamo sulle prime. Poi viene verso di noi salutando e capiamo che è lui anche sotto a quella fitta diaspora di boccoli neri. È lui, non c’è dubbio, ma è anche un altro: è la fine del Mondo come noi lo conosciamo.
Sono le 12 e 12 minuti del 21 dicembre, il Mondo cammina a passi rapidi verso di noi, sorride, quando alle sue spalle un bagliore argento e fuoco trafigge ogni dimensione. Ci oltrepassa, ci ustiona, ci acceca, ci spara fuori dal tempo, ci illude, ci rovescia, ci vaporizza e, finalmente, ci annienta.
Sono trascorsi 12 secondi e regna un silenzio gotico.
Solo uno sfrigolare di luminarie, laggiù, da qualche parte.
Drink!