lunedì 23 gennaio 2012

Eve of Destruction



L’apocalisse affondò le sue origini nell’edonismo.
Il verbo del club Dìas como Diòs di Buenos Aires scoccò come una freccia al curaro dell'ultimo Waorani e avvelenò il mondo. Era luglio e nel misero tempo di una settimana miliardi di individui armati e convinti avevano scelto di vivere gli ultimi sei mesi della loro vita “da Dio”.
La scientifica certezza che StarOne, l’asteroide ginormico proveniente da Galaxia, avrebbe impattato la Terra era notizia di qualche giorno: nessuno avrebbe salvato le penne. Nessuno.
Cercare di vivere alla grande gli ultimi sei mesi di mondo parve subito una decisione inevitabile per molti.
Seguirono gli assalti a tutto, si cominciò dalle banche e dagli ipermercati per finire con le fattorie e le fabbriche di cioccolato.
Nel giro di due settimane il denaro perse completamente il suo valore. Le riserve auree furono depredate dall’interno, ma l’oro valeva meno del letame.
I buoni e gli onesti, gli ultimi, diventarono i più perfidi e malvagi, e si scatenò una sorta di tutti contro tutti che portò all’abbrutimento totale. Individui contro individui, paesi contro paesi. Sgarbi e vendette si susseguirono in un ciclo inarrestabile.
Niente serviva a niente. Alimentarsi e fare l’amore dentro a un concerto detonante di bombe era tutto quello che restava da fare.
Un’escalation rapida di distruzione provocò infine La Nube, un composto chimico letale che avvolse il pianeta in un venefico abbraccio.
L’ultimo esemplare della razza umana, Tetsuya Watanabe, morì asfissiato nel suo rifugio antiatomico il 20 dicembre 2012.
Il giorno successivo lo StarOne, proiettato a mille sul cielo antartico, fu inghiottito da un buco spazio tempo, manco fosse una mentina, e sparato in una dimensione confinante ma remota dove mise fine al dominio dei grandi rettili. Per sempre, e mai.
La razza vivente più evoluta sul pianeta risultarono essere i pesci. Avrebbero dovuto applicarsi con pazienza e determinazione, sviluppare cellula a cellula di nuovo i polmoni e poi ricreare ancora quelle buffe appendici podaliche. Ci sarebbero voluti milioni di anni, sì, ma da qualche parte, un giorno, si sarebbe visto ancora un uomo, questo era certo. Un uomo piegato su un foglio, a studiare il rapporto irragionevole tra la circonferenza di un cerchio e il suo cazzo di diametro.
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Questa session di musica e parole partecipa al Premio Gigi Reder
come anche:
Sembrava un gioco - by lillina
California Dreamin'  - by melusina
We take care of our own  - by giodoc
Poi - by la donna camel
Emozioni - by melusina
Il disadorno arredo dell'amore - by dario
Il cielo sopra Milano - by rory
La banda degli ifoughthelaw  - by cielo
Ho giocato a calcio - by hombre

venerdì 20 gennaio 2012

LA FINE DI MEGAWORLD

Sottotitolo: Una storia qualunque - non la mia

Pur di evitare di pagare un biglietto al cinema sotto casa, abbiamo fatto arricchire questo tipo:

Kit Dotcom, fondatore di Megaworld, mentre si gode i successi  della sua azienda e fa a noi "buuuuuuu"
Mentre Kit se la spassava tra bollicine di sapone e belle ragazze, noi passavamo ore a caricare un file in streaming. Per venti minuti di telefilm, aspettavamo ore prima che il file si caricasse. Che poi, dato che non eravamo utenti premium, appena potevamo vedere il telefilm, il video si bloccava e dovevamo aspettare un'altra ora per superare il blocco. Finito il blocco, dovevamo ricaricare il file. Finalmente riuscivamo a vedere un po' di telefilm e il video si bloccava di nuovo. E così, un circolo vizioso quotidiano. Alla fine, nel complesso, arrivati a notte fonda con occhi gonfi e stanchi, calcolavamo di aver perso 22 ore circa per caricare 80 minuti tra The big bang theory, Dottor House e How I met your mother.

E Kit se la spassava.

La Concordia mentre fa l'inchino a Kit che a noi fa "buuuuuuuuuu"
Da ieri, però, non più.
Ora è in carcere, arrestato in Nuova Zelanda dall'FBI grazie a un mandato di arresto internazionale per associazione a delinquere con finalità di estorsione.
Siamo tutti noi le vittime di questa assai temibile organizzazione finalizzata ad estorcere il nostro tempo!
L'FBI ci ha vendicato. Nemmeno J.Edgar Hoover sarebbe riuscito a farsi dare un mandato di arresto internazionale per un crimine così grave.
Finalmente noi possiamo riappropriarci della nostra libertà. Torneremo a vedere film al cinema e pagheremo gli abbonamenti delle pay-tv.
Il prossimo 21 dicembre il mondo finirà e ricomincerà SENZA MEGAVIDEO E MEGAUPLOAD.
Saremo allora più IGNORANTI (avremo visto meno film) e più POVERI (perché avremo dissipato il nostro patrimonio per pagare le pay-tv). Ma saremo più FELICI, perché avremo riguadagnato il tempo che Kit ci aveva estorto contro la nostra volontà.
In carcere non farà più il bagno con le bollicine, e nemmeno noi perché avremo finito i soldi per comprarci il bagnoschiuma. Quindi saremo anche sporchi. Ma chi se ne importa? Saremo felici!

BUONA FINE DI MEGAWORLD a tutti!

PS: Qualcuno mi sa dire il link della prima puntata della seconda stagione di Game of Thrones? Grazie, non riesco a trovarlo!!!

2PS: In quanto vittima, vorrei costituirmi parte civile nel processo di Kit negli States. Qualcuno mi sa dire come si fa? Grazie!!!!

Ogni riferimento a fatti, persone o cose reali è puramente casuale. Se avete trovato qualche contenuto coperto da copyright, non disturbatevi a chiedere un mandato di arresto internazionale, ma sarà sufficiente mandarmi una mail all'indirizzo hovogliadicinema@gmail.com e provvederò a rimuovere il contenuto suddetto. 

venerdì 13 gennaio 2012

Corto circuito

Vorrei proporvi un piccolo dilemma esistenziale:

Prima che il mondo finisca, mi piacerebbe fare qualcosa per cui essere ricordato.
Sì, ma da chi?

(un minuto di riflessione - per essere sicuri che sia proprio un minuto intero, potete misurare l'inarrestabile scorrere del tempo sul counter, appena "aggiustato" qui affianco)

Ovviamente se per "fine del mondo" intendiamo la fine di tutto la risposta è semplice: da nessuno.
Non sappiamo quando il mondo finirà, ma sappiamo che ci sarà un momento in cui tutto quello che l'umanità ha mai rappresentato sarà spazzato via per l'eternità.

Pertanto ha senso fare qualcosa per cui essere ricordati, se non ci sarà nessuno che potrà ricordarci?

(altro minuto di riflessione)

Restringiamo il campo e respiriamo a fondo.

Tutti siamo destinati a morire.
Se anche non saremo gli ultimi a morire e quindi qualcuno potrà ricordare le nostre gesta dopo la nostra dipartita, noi non verremo comunque a saperlo, perché saremo già morti.

Ha senso, quindi, fare qualcosa per cui essere ricordati anche se ci sarà qualcuno che potrà ricordarci?

(come sopra)

Riduciamo ancora di più l'essenza della questione.

Perché vogliamo essere ricordati? Affinché possiamo essere, in qualche modo, immortali?
Ma dato che, un giorno (anche lontano) tutto avrà fine, ha senso volere essere ricordati?

No.

E se non abbiamo almeno un fine, ha senso fare qualsiasi cosa?


Ontologicamente, no.

Siamo di fronte ad un corto circuito.

O forse no.

Non agiamo per essere ricordati "dopo" la nostra morte, ma quando siamo ancora in vita.
Quando siamo ancora esistenti.
Agiamo affinché gli altri riconoscano che siamo esistenti e che la nostra esistenza è valida.

Agiamo per vanità.

Quindi è la vanità che sorregge l'esistenza. E la figa, ovviamente.

CONTO...DA DOVE?

Scusate, ma da brava pignola vorrei far notare che il conteggio alla rovescia qui a destra si riferisce all'ora italiana...non sarebbe più corretto usare quella messicana?

Come si ponevano i Maya di fronte ai fusi orari?

E quando questa fine del mondo è stata "rivelata" c'era l'ora legale o era quella solare?

E la ricetta delle tortillas era ancora quella di oggi?

Ma soprattutto sarà presto per prenotare al ristorante messicano?

mercoledì 11 gennaio 2012

Il domino di Dio è in mezzo a noi

Eccolo lì, seduto sulla banchina.
Il mio animo catastrofico fa penzolare le gambe verso il mare con aria svogliata.
Mi avvicino, lentamente, mi ha sempre messo soggezione quella mia personalità.
Lui gira la testa verso di me, ma non mi guarda negli occhi, guarda dietro di me, come se fossi io la proiezione mentale, non lui.

- Ti ho già raccontato come andrà a finire?
- Sì, ma fallo di nuovo, voglio scriverne.
- Davvero? Ne vale la pena?
- Non lo so, ma mi va, di conseguenza, va anche a te.

Dimentico sempre che è nella mia mente, o meglio è la mia mente.
Quando sento l'inizio della canzone mi guardo attorno, cercando una radio accesa su di una barca o uno studente che torna a casa ascoltando la musica al cellulare.
Lui ride, batte col dito sulla sua testa, che è poi la mia, come per ricordarmi che ha il controllo sulla mia memoria uditiva.

- Ci sarà un talk-show, chiameranno un biologo, un fisico, un prete, un'alimentarista, qualsiasi cosa sia, e un perito agrario di fama mondiale.
No, non è una barzelletta, sì, la televisione andrà ancora più a puttane.
Complimenti, è merito di quelli come te, quelli in carne e ossa.

( Let me tell you a story to chill the bones
About a thing that I saw)

- Un dibattito banale, l'aborto, condotto da Barbara D'Urso.
A reti unificate. Diretta mondiale. Doppiato in 23 lingue, sottotitolato in 42.
La D'Urso dice qualcosa il pubblico applaude, normale routine.
Non fosse che il biologo ed il perito iniziano a parlottare tra loro, ignorando ciò che succede loro attorno.
"Senta lei" dice il consulente dal pollice verde, Mario Rossi per comodità, interrompendo la fastidiosa donna durante un sproloquio pomposo e retorico, come questo che mi stai costringendo a ripetere.
"Venga un attimo qui, vorrei sapere la sua opinione".

(Not aware of the presence so near to me
Watching my every move)

Al che l'alimentarista, un po' imbarazzato, si alza e li raggiunge dall'altra parte dello studio.
È un uomo pratico, Giacomo Sorni, ma soprattutto curioso: fa presto a gettar via la titubanza, lasciando il posto ad un fervore quasi grottesco nell'assorbire l'argomento del dibattito e nell'esporre dati su dati.
Il pubblico a casa non sente praticamente nulla, i microfoni sono spenti, i doppiatori sono muti, la D'Urso si agita per lo studio come un cane con la rabbia.

(Feeling scared and I fell on my knee
As something rushed me from the trees)

Il prete si avvicina e per il momento ascolta.
È cosciente che una citazione biblica non servirebbe a molto, deve attendere il suo turno per dire qualcosa d'intelligente, possibilmente non tratto da un libro che ha ripudiato la notte prima, sotto l'influsso di una tanto poco satanica quanto molto umana e triste sbronza.
Il fisico guarda i numeri e commenta che i calcoli sono sbagliati, ma per fortuna Pietro Alessi li può correggere.
Pieno di sé, tira fuori una matita dal taschino della giacca ed inizia a scrivere sul bracciolo della poltrona di pelle bianca.

(Into the circle of fire I followed them
In the middle I was led)

Ora i suoni che emettono sono stati amplificati di mille volte, in modo che il mondo non perda neanche un sibilo, un fruscio, uno dei fendenti che la matita di Alessi assesta alla poltrona.
Ora è passato allo schienale, i suoi nuovi colleghi lo aiutano fornendogli le nozioni imparate in anni di vagabondaggio tra università, congressi, libri e studi sperimentali.
Il prete si rivela molto utile: bloccati sulla situazione dell'Africa, porta i compagni all'epifania.
Lui che è stato missionario, lui che ha portato il Verbo, lui che ci ha vissuto la sa la situazione: sono irrimediabilmente fottuti.

( And I felt I was in a trance
And my spirit was lifted from me)

E così vanno avanti per una mezz'ora buona, con la conduttrice che barcolla per lo studio in preda ad una crisi isterica, il pubblico del mondo intero che si raduna davanti a televisori, radio, computer.
Per mezz'ora il mondo si ferma.
L'imperatore-dio del Giappone blocca un suo discorso a metà per guardare cosa succede sul suo tablet.
In Antartide, un gruppo di ricercatori dimenticano i loro compagni, usciti per alcune analisi su non so che, probabilmente ghiaccio, i quali muoiono di assideramento, bloccati in una tormenta senza ricevere alcuna risposta agli S.O.S.
Succedono, o smettono di succedere altre cose fighe, ma io no sono la personalità adatta a descriverle.

( As I danced with the dead
My free spirit was laughing and howling down at me)

Hai una sigaretta?

- Ecco, tieni.
Ma in verità la porto alla mia bocca: se la porgessi a lui cadrebbe semplicemente nella baia.
Aspiro e ricomincio, rincomincia, ricominciamo, come vi pare.

- "Fatto" dice il fisico " i calcoli sono finiti".
Gli spettatori non possono vederlo in faccia, da loro la schiena, ma fidati di me, sta sgranando gli occhi in questo momento.
Le mani gli tremano, il sorriso compiaciuto diventa una maschera di follia, scappa via urlando.
Gli altri intanto ci sono arrivati, hanno capito gli ultimi passaggi e si accingono ad imitare il collega.

( I ran like hell faster than the wind
But behind I did not glance)

L'equazione non mente.
Non ci sono errori, è inutile ricontrollare.
Siamo troppi.
Troppi per sfamarci, troppi per abbeverarci e nel giro di poco saremo troppi persino per respirare.
Davvero poco.

Il prete, ultimo rimasto del quintetto, si avvicina marciando alla telecamera 3.
Spinge via con decisione una Barbara catatonica che gli sbarra la strada biascicando di famiglia italiana e di morale universale e lei cade per terra di faccia, rompendosi il naso.
Non si alzerà mai più dal pavimento.
Morirà quattro giorni dopo d'inedia, ma non prima di aver sancito l'ultimo Guinness World Record: ultimo essere umano vivo sulla faccia della Terra.

E così iniziò l'ultimo discorso.
"Il domino di Dio è in mezzo a noi!"
Così si concluse, con un errore di battitura.

Niente grandi piani per la salvezza, niente idee geniali, niente coltivazioni su Marte, niente.
Solo un grande cannibale massacro, da essere citati in tribunale per plagio da Romero.
Ad un certo punto ci si sarebbe potuti fermare, rendersi conto che adesso si era meno di prima, che magari ora c'era il tempo per pensare ad una soluzione, per salvarsi il culo e poi rattristarsi per le "vittime della carestia".
Ma non fu così: l'umanità tutta si sentiva per la prima volta unita sotto un unico stendardo, un unico scopo.
La follia.

Ha finito, ora torna a guardare il mare, cerca un riflesso che non vedrà mai.
Io prendo un'altra sigaretta, ma non si accende.
Si è bagnata troppo di sangue.

"To this day I guess I'll never know
Just why they let me go
But I'll never go dancing no more
'Till I dance with the dead"

Iron Maiden, Dance of Death

martedì 10 gennaio 2012

Ci siamo

La penisola dello Yucatan è già da tempo assaltata da orde di turisti a caccia di testimonianze dei Maya sulla fine del mondo. Un inquietante silenzio sta accompagnando Nibiru verso la sua prossima collisione verso il nostro pianeta. Le tempeste solari sono ormai imminenti  e Claudio Lippi che presenta La Prova del Cuoco al posto di Antonella Clerici è stato solo un assaggio di quello che potrà capitarci da qui al 21/12. Siamo nel pieno dell’era dell’ultimo Papi e del 111° Papa che, come da profezia di Malachia, sarà l’ultimo e decreterà la  fine di Roma (e pure de’ la Lazio) e "quando la città dei sette colli sarà distrutta, il terribile giudice giudicherà il suo popolo"  (essendo Santi Licheri morto da un paio di anni presumo che tale profezia parli di Dio).  Vi è  l’imminente pericolo di una guerra nucleare e potrebbe verificarsi la tanto temuta inversione dei poli. Le avvisaglie non mancano a cominciare dal Colosseo che perde pezzi di tufo fino al terribile rischio di sospensione, per mancanza di audience, del Grande Fratello 12. Ma il segnale più inquietante è quello che vede sottosegretari alla Presidenza del Consiglio si ritrovano fra capo e collo week end di lusso pagati a loro insaputa. Non c’è più religione e pure Sant’Alfonso dei Liguori  aveva previsto l’abbandono della fede da parte delle nazioni del globo. Non ci rimane che attendere il ritorno degli ebrei in Terra Santa e la venuta dell’Anticristo. Intanto  gli ex naufraghi si preparano al ritorno nell’Isola dei Famosi e anche questo è un segno eloquente che la fine ormai è prossima. 

domenica 8 gennaio 2012

Crescita o progresso?

Crescita (economica): L’insieme degli aspetti quantitativi dello sviluppo, misurati attraverso le principali grandezze macroeconomiche (reddito nazionale, investimenti ecc.). La teoria della crescita si distingue dall’economia dello sviluppo per l’attenzione esclusiva agli aspetti quantitativi e alla formalizzazione, a discapito dello studio degli aspetti istituzionali, storici, etici, antropologici che condizionano i processi di sviluppo nelle diverse regioni del mondo – fonte: Enciclopedia Treccani Progresso: lo sviluppo verso forme di vita più elevate e più complesse, perseguito attraverso l’avanzamento della cultura, delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, dell’organizzazione sociale, il raggiungimento delle libertà politiche e del benessere economico, al fine di procurare all’umanità un miglioramento generale del tenore di vita e un grado maggiore di liberazione dai disagi - fonte: Enciclopedia Treccani Non riesco proprio a capire perché la parola d’ordine per la ripresa dell’Italia debba essere per forza ‘crescita’. Non ci sono mai stati spazi per una riflessione su questo e dubito ce ne saranno nel prossimo futuro. Le prime pagine dei giornali, in questi mesi, hanno ospitato solo questo termine che è stato sposato indistintamente da maggioranze e opposizioni, governi tecnici e politici, destra e sinistra. La crescita è diventato un imperativo, non è un modello di sviluppo ma l’unica dottrina possibile. Eppure, rileggendo le due definizioni (di certo non figlie di una cultura ideologicamente orientata), continuo a non capire perché il dibattito si sia fossilizzato su un concetto che esclude gli aspetti culturali e il benessere individuale collettivo dall’analisi, riducendo lo stesso benessere come un indicatore economico: più ci si arricchisce (a livello sistemico) meglio si sta. Il progresso è un concetto inclusivo ed estensivo, la crescita no. Se nella definizione di progresso leggiamo ‘il benessere economico’ tra le variabili che concorrono al suo raggiungimento, non leggiamo lo stesso tipo di cura per ambiente, etica, valori, cultura, all’interno della definizione di crescita. Il mio invito è dunque di cambiare la variabile oggetto dell’analisi: è provare a passare dall’idea di crescita a quella di progresso. Inseguire la crescita non è la soluzione: la corsa all’oro cancella ogni attenzione per tutto il resto. E quando l’economia implode (come oggi) non ci sono meccanismi di tutela né di garanzia per i cittadini. La necessità di dover dividere l’economia ‘reale’ nelle analisi rispetto a qualcos’altro, che evidentemente è ‘irreale’ o ‘virtuale’, spiega fin troppo bene come i meccanismi della finanza (tutti orientati alla crescita) non producono necessariamente ricchezza per le nazioni e gli individui, né tanto meno garantiscono il progresso. Il punto, almeno per me, non è passare dalla crescita alla decrescita, più o meno felice. Oggi come non mai, la parola decrescita spaventa, perché è associata alla parola ‘recessione’. E definizioni alla mano, parlare di decrescita è improprio perché non si può davvero sperare che il reddito nazionale e gli investimenti scendano, né credo che chi parla di decrescita voglia davvero meno ricchezza: piuttosto chiede più sostenibilità e rispetto dei diritti individuali e collettivi, sociali e ambientali nel progresso economico. Per tutte queste ragioni, io sono progressista

fonte

Io ho studiato microbiologia. Voi starete pensando "e che c'azzecca con quello che ho appena letto?". In realtà l'articolo di Amenduini mi ha fatto subito pensare a un particolare esperimento di coltura batterica. I microbi vengono nutriti con la massima quantità possibile di nutrienti per fare in modo che crescano rapidamente e tutto viene riportato su un grafico. C'è un momento in cui il numero di microbi nella capsula supera il fabbisogno di nutrienti. Questa fase è definita crescita esponenziale e significa che dopo il raggiungimento di essa è possibile soltanto una decrescita: molti batteri muoiono fino a quando il livello di nutrienti è in grado di sostenere tutta la colonia. Io penso che noi siamo in quella fase di crescita esponenziale e che possiamo solo scendere. Provate a immaginarvi al posto di quei batteri nella capsula: cosa vorreste? Probabilmente avreste bisogno di mangiare meglio, magari di meno ma in modo che tutti possano essere soddisfatti. Si può parlare di una ridistribuzione delle risorse; concetto che è facile da dire ma come abbiamo notato fin da quando abbiamo letto i libri di storia, risulta assai arduo da mettere in pratica.

Rischiamo veramente di fare la fine di quei batteri da cui gli scienziati si aspettano solo alti rendimenti, rese massime. Puntano alla quantità. Noi dobbiamo puntare alla qualità, a cominciare da quella dei rapporti tra individui e questa non dipende da teorie, grafici o indici telematici. Dobbiamo essere noi quelli che dicono NO alla crescita esponenziale.


sabato 7 gennaio 2012

BUM o PUF?

- Allora, tu come te la immagini?
- Come me la immagino cosa?
- La fine del mondo, no?
- Ah, quella.
- - -
- - -
- Allora?
- Beh, le solite cose.
- Solite??
- Sì, insomma, strade che si spaccano, tubature che saltano, esplosioni, incendi, crolli. Voragini. Tsunami. Vulcani che sparano lava e i cosi, i lapilli.
- Tutto qua? E una bella epidemia di peste no? Un'endemia di enterocolite emorragica?
- Cos'è un'endemia?
- Come un'epidemia ma più grande. Ignorante.
- Ho fatto la terza media…
- Anch'io. Eravamo compagni di banco.
- Ripetenti…
- Sì ma poi ci hanno promossi.
- A calcinculo.
- Vabbè, checcentra adesso. Torniamo alla fine del mondo. Alle voragini che dici tu.
- Scusa ma non c'è niente da scherzare. Fine del mondo uguale distruzione. Crolla tutto e noi restiamo sotto le macerie.
- O inceneriti da un'esplosione, o da un incendio.
- Esatto.
- E tu come lo sai?
- L'ho visto in un film. In più di uno, anzi.
- Un film. Vedo. E le parole "effetti speciali" non ti dicono niente?
- Vuoi dire che è tutto finto? Certo che lo so che al cinema è tutto finto, però cavoli se pare vero.
- Realistico, vorrai dire, non "vero". E non "certo". Ipotesi, possibilità. E più sono catastrofiche più vendono al botteghino. Pirla che sei.
- Perché tu scusa come te la immagini la fine del mondo?
- Bella domanda. Anzitutto c'è da chiedersi se ci sarà sul serio oppure è un'altra bufala.
- No no, stavolta è vero, lo sanno tutti.
- Io mi ricordo che a scuola ci dicevano un'altra cosa. Che il mondo sarebbe finito fra miliardi di anni, che sarebbe, tipo, esploso il sole. Ci hanno insegnato cose tipo èra glaciale, desertificazione, estinzione graduale delle specie viventi. Il tutto spalmato in miliardi di anni.
- Tremendo, però.
- Sì ma tanto noi non ci saremo più comunque.
- Ma ci saranno i nostri discendenti, i figli dei figli dei figli…
- Perché tu hai figli?
- No. E neanche tu, a dire il vero.
- E allora? A me piaceva quella storia lì, dei miliardi di anni.
- A quella ci credevi?
- Eccome. Invece non ci credo che finisca tutto in quattro e quattr'otto, e con una data precisa per di più. Mi pare una gran cazzata. Non è una roba scientifica.
- E allora mi spieghi perché gli scienziati si sono già messi al sicuro?
- Come sarebbe? Non ne so niente.
- Dicono che ogni giorno da certe basi segrete partono navette spaziali cariche di scienziati che migrano chennesò, sulla Luna o su Marte o magari su un asteroide già tutto attrezzato in gran segreto.
- Questa è proprio grossa! E dove l'hai letta?
- L'ho sentita dire in giro. Tanta gente ci crede, e giura che è vero.
- Pirla che sei.
- - -
- Poi un'altra cosa mi chiedo: ma a finire sarà solo la Terra o tutto l'universo?  Perché in questo secondo caso allora sì che non ci sarebbe più scampo per nessuno, neanche per i tuoi scienziati. Metti che finisca solo la Terra, beh l'universo può andare avanti benissimo senza di noi. Ma se è l'universo a finire, allora sì che siamo fregati.
- Allora in fondo ci credi, alla fine del mondo?
- Che ne sappiamo noi, abbiamo fatto la terza media. Si fa per parlare, no? Per passare il tempo.
- A proposito, quanto manca?
- Poco.
- - -
- E se invece di esplodere sparisse tutto in un istante? Sai come una specie di magia, di gioco di prestigio. Un momento ci sei, c'è tutto, un attimo dopo il Nulla completo. Senza passaggi intermedi. Puf.
- Ma no, dai, che delusione. Un'esperienza così, e neanche te ne accorgi! Io preferirei le strade che si spaccano e lo tsunami, almeno c'è lo spettacolo. Si potrebbe trovare un posto molto in alto…
- Un grattacielo? No, aspetta, i grattacieli sono i primi a venir giù.
- Una montagna, meglio. Oppure un aereo. Sai dall'alto come ti godi la fine del mondo? Altro che effetti speciali. Real life. L'ultimo episodio, ma almeno te ne vai con una bella scarica di adrenalina. Bum!
- Sì, le montagne dovrebbero sgretolarsi per ultime, ma alla fine è sempre un bel mucchio di macerie che ci aspetta. Invece come dico io è indolore.
- Non ci resta che aspettare.
- Appunto.
- Quanto manca, adesso?
- Un po' meno di prima, pirla che sei.
- - -
- Allora, bum o puf?
- Io bum.
- Io puf.
- - -
- Che ne dici di un altro goccetto?
- Eh. Perché no?

Dodici


Per Walter 'sta cosa dei capelli era sempre stata un problema. Andavamo ancora a scuola e lui già ne perdeva a ciuffi. Erano tempi in cui i pelati non erano ancora di moda e risultava essere un guaio andare in giro senza un’adeguata chioma.
Ragazze nisba, tanto per capirsi.
A 35 anni poi s’è sposato pure lui, quando ormai il fatto di tenere quella testa monda non era più per nessuno un problema, ha trovato una zoccola, l’ha ingravidata e via andare sui binari di una vita solida e accelerata con o senza brio.
Adesso a 50 anni, separato da 2, Walter si è trovato per le mani questa figa di 20 che gliela dà, non gliela dà, gliela darebbe… e s’è di nuovo fissato coi capelli.
È sicuro che con un bel cesto di riccioli in capo si può portare a letto la piccola, e poi chissà magari anche qualche sua amica. E una di vent’anni lui non l’ha mai trombata, manco quando li aveva lui.
Io, Piero e Luca siamo i suoi amici storici e oggi l’abbiamo accompagnato al PalaTrico di viale Europa. Siamo giù, al bar di fronte, ci sorbiamo un caffè intabarrati dentro ai cappotti, aspettiamo.
Il trapianto è un nuovo tipo, ti sparano dentro il cuoio capelluto una milionata di bulbi attraverso un congegno in titanio e silicone a forma di casco.
Un paio d’ore e sei fuori, rinfoltito nel pelo e alleggerito di 15mila euri. Ma i soldi sono l’ultimo pensiero per Walter, adesso. Conta solo la figa giovane, che è il fine. Il capello è il mezzo.
Il Mondo, lo chiamavamo, perché a dirgli pelato s’offendeva, Walter.
Esce dal PalaTrico che nemmeno lo riconosciamo sulle prime. Poi viene verso di noi salutando e capiamo che è lui anche sotto a quella fitta diaspora di boccoli neri. È lui, non c’è dubbio, ma è anche un altro: è la fine del Mondo come noi lo conosciamo.
Sono le 12 e 12 minuti del 21 dicembre, il Mondo cammina a passi rapidi verso di noi, sorride, quando alle sue spalle un bagliore argento e fuoco trafigge ogni dimensione. Ci oltrepassa, ci ustiona, ci acceca, ci spara fuori dal tempo, ci illude, ci rovescia, ci vaporizza e, finalmente, ci annienta.
Sono trascorsi 12 secondi e regna un silenzio gotico.
Solo uno sfrigolare di luminarie, laggiù, da qualche parte.

mercoledì 4 gennaio 2012

Nothingness

James Churchward passò la vita a cercare il continente sommerso di Mu, terra d'origine di tutte le culture del mondo secondo un testo Maya tradotto da un monaco fiammingo.
Purtroppo per lui, il processo di decifrazione era completamente sbagliato, portando il colonnello dell'esercito britannico a credere di avere fra le mani la culla della civiltà, quando in realtà era un testo di astronomia.

Grazie Wikipedia.
No, non ho spiccioli, mi dispiace.

Mu, quello che cercavo io almeno, è un termine usato nel Buddhismo Zen per indicare il niente, o meglio, se usato in una risposta ha il significato di "Sì e no, né sì né no".
Sì, sì, ci arrivo al punto.

Credo di averlo già scritto da qualche parte, ma chi se ne frega.
Io sono nato nel 1994, anno in cui la politica italiana ha smesso di essere quello che era.
Sono stati diciassette anni di oligarchia molto ristretta.
Praticamente dittatura: gli organi di stampa influenzati, brogli elettorali, aggiungici un pizzico di xenofobia di tipo capro espiatorio qua e là, ed ecco, cotto e mangiato.
Se chiedi a qualcuno della mia generazione, o di una qualsiasi successiva, "Cos'è la democrazia?", al massimo ne cavi un "Il governo del popolo".
Se chiedi "Come funziona?", scatta il panico.
E mi sento in dovere di spezzare una lancia per me ed i miei coetanei: non si tratta solo d'ignoranza o menefreghismo, non del tutto almeno.
Il fatto è che noi questa cosa che voi chiamate "Repubblica Democratica" noi non l'abbiamo mai vissuta.
Spiegate a parole ad un ragazzino della Namibia cos'è la neve, otterrete lo stesso risultato.

Prima della distruzione totale, spero che si arrivi a riscoprire quel continente sommerso, oppure a rendersi conto che non è mai esistito, e poter finalmente rispondere alla domanda "Questa è una Repubblica Democratica?" con qualcosa di diverso di "Mu".
Dopotutto, può nevicare anche nel deserto.

OLD YEAR'S DAY

Aderisco all'iniziativa promossa dai "colleghi" bloggers, che hanno deciso di dedicare uno spazio alla fine del mondo, anche se non so bene che fare, ma, come sempre, iniziamo da una parte, poi si vedrà...
Quindi partirei dal titolo, anzi, dal sottotitolo "come lo conosciamo". Già. Perché di mondi ce ne potrebbero essere anche più di uno e comunque ognuno ha un suo mondo, ognuno E' un mondo diverso dagli altri, quindi il mondo che conosciamo è quello individuale e personale e così possiamo proporre delle alternative.
Per quanto mi riguarda non mi sento così preoccupata per questa fine annunciata da qualche umano vissuto diversi secoli fa, un po' per scetticismo, un po' per fatalismo, perché da quando si acquista coscienza di sé, si acquista anche coscienza che prima o poi questa vita finirà ed allora che cosa c'è di nuovo? Conoscere una data di fine ci cambia qualcosa?
A me non tanto.
Forse cambierebbe pensare che non si finirà di pagare il mutuo?
Tanto non ci sarà nemmeno più la casa.
E poi il mutuo manco ce l'ho.
Però forse mi converrebbe farlo, visto che poi non pagherò.
Ma non è che è per questa previsione maja che le banche non fanno più mutui?

Vabbè dai vediamo un po' che cosa si potrebbe fare DAVVERO se questo mondo non finisse.
Riallacciandomi al discorso banche ed a quello che in tanti scrivono direi che forse uno dei problemi maggiori è che tutto giri troppo intorno ai soldi ed al consumismo, perciò si può partire da qui.
Come si fa?
Facile, basta contare fino a 10 per non comprare qualcosa, non so, mi viene come esempio l'ultimo modello di IPhone, basterebbe chiedersi:
1) Ne ho DAVVERO bisogno?
2) Che ha che non va il telefono che già ho?
3) Davvero è indispensabile che abbia a disposizione tutta quella tecnologia se mando 2 sms alla settimana?
4) Con questo prodotto sarei più figo o mi sentirei più figo?
5) Se lo compro poi riesco a pagare le bollette e a dare da mangiare a me ed ai miei figli?
6) ne ho davvero BISOGNO?

Comprare qualcosa di cui non si ha necessità significa poi aumentare il carico di rifiuti, ed aumentarlo con prodotti ancora funzionanti! Non c'è più l'assistenza. Se qualcosa non funziona che si fa? Ma se ne compra uno nuovo! E' una dinamica perversa e ne stiamo pagando care le conseguenze.
Il mercato si base sulla legge della domanda e dell'offerta: se non c'è più domanda, non c'è nemmeno la seconda, quindi pensiamo bene a ciò che compriamo, magari sono solo bisogni NON NECESSARI.
Se cominciamo a dare attenzione alle cose che veramente contano, poi il mercato si adegua.
IL MERCATO SIAMO NOI e possiamo dimostrarlo, ma prima dobbiamo imparare a non essere schiavi degli oggetti e a non farci abbindolare dalle false promesse, basta aprire gli occhi e dare il giusto valore alle cose.

martedì 3 gennaio 2012

nuovo dio


quello che succederà
e succederà
è che il dio che preghiamo in ogni istante morirà
prima piano un po' soltanto
per non scoprir le velleità,
poi cadendo al suol di schianto
e tutto il resto crollerà

chi ora rimane è per automazione
dove l'azione non ha sindacati
dove non serve la refezione
dove i trubuti non vanno versati
ma il prodotto di tecnologia
e inevitabile progresso
dimmi adesso,
quale specie o tipologia
di fesso
comprerà per buttar via,
se quel che era il suo lavoro
già da un po'
lo esegue con decoro
un robot?

non è in questo credo la verità
non è nient'altro che virtualità
non sono che enormi castelli di carte
creati ad arte
e con avidità
su ciò che era nato per esser soltanto
una semplice comodità
ma che ha l'unica vera virtù
di rendere l'essere in schiavitù

è allora la via? e allora il futuro?
sarà felice? sarà sicuro?
avrà ovviamente qualche difetto
sarà com'è l'uomo... non certo perfetto
avrà ancora il bene come ideale,
continuerà sempre a fare del male,
ad un nuovo dio preghiere dirà
e con il sangue le benedirà
e perderà guerre contro se stesso
ma sarà sempre migliore di adesso.




Drink!