venerdì 16 marzo 2012

Lui lo sapeva già

Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' più ammalato, ruberà tale esplosivo e s'arrampicherà al centro della terra per porlo  nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie.

Italo Svevo: La coscienza di Zeno (1929), paragrafi finali

martedì 13 marzo 2012

Sistema di autodifesa

La mente umana non è così complicata come uno si immagina o vorrebbe.
È un gioco delle tre carte.
Ecco la donna, ecco il jack, ecco il re.
Carta vince carta perde, signori!
Le carte sono solo tre, trentatré virgola tre periodico di possibilità di vittoria.
Vedo tante linee sulla tua mano, la linea della vita è un po' increspata, magari rimedi con della crema idratante.
I tarocchi mostrano La Morte e L'Appeso che, di per sé non sono niente male: un cambiamento e la capacità di superare gli ostacoli.
Poi ci associ L'Amante e la parcella, che non è un tarocco, e ti ritrovi cornuto ed in mezzo ad una strada.
Questa è l'Era dei Pesci, peccato non avere le branchie.
La mente è qui, la mente è lì, forse è solo una proiezione astrale.
Sicché tira fuori la tua copia in vera pelle umana del Necronomicon e dimmi perché non dovrei riuscire a leggerti come tu fai con quel libro.
Forse un po' meglio, che Abdul Alhazred aveva una pessima calligrafia.
Poi tutto finisce, in un guizzo.
21.12.2012,  non è nemmeno un palindromo e la somma dei numeri da solo un innocuo undici come risultato, si potevano impegnare un po' di più questi Maya.
In verità, potremo dire che la fine del mondo riguardava lo 0,00000000000196053% della superficie della stessa, ovvero 10 metri quadrati.
Tic-Tac, il tempo passa, tu ti avvicina, Tic-Tac, inspiro.
Tic-Tac, Tic-Tac, Tic-Tac, devi attraversare la strada e figurati se qualcuno si ferma.
Quasi sapendo di essere nella zona X, corrono ancora di più.
Tic-Tac, ce la fai, passi, agiti la mano e sorridi.
Tic...
Tac...
Ti-
T.
E tutto il resto lo so.
La mente umana è semplice.
Smontarla è una cosa troppo facile da fare, quasi ti istiga.
E cerca pure le ragioni, i misteri, affannati su.
Questa volta non c'è nessun complotto, alieno o profeta.
Hai persino dimenticato la tua copia di Centuries et Phropeties autografata, ancora ti chiedi se avrai il gusto di morire in piedi?
Beh, l'ultimo atto su questa Terra solitamente è accasciarsi e liberare gli intestini violentemente, mi dispiace.
La prossima volta reincarnati in un qualcosa di più nobile, che so, un baco da seta.
Questa volta ti tocca un'esistenza semplicistica, lasciatelo dire.
Ebbene è così.
La grande verità, che non scrivo in maiuscolo perché mi sono stufato del tasto Alt, mi ha fatto venire un crampo al mignolo.
Che poi, di una verità non si tratta, ma di un semplice gioco di carte, o una giostra, se come a me anche a voi piace citare Hicks.
E ti ci sei perso a lungo a cercare la donna, il jack, il re, ah?
Amore, Ego e Successo.
Ecco di cosa sei fatto, di cosa sei incompleto.
Se tu fossi in un piano cartesiano, non avresti problemi.
Ma vivi un mondo quadridimensionale.
Così ti accorgi che ogni tanto sai dove sono la donna e il jack, ma del re neanche l'ombra.
Poi perdi tutti e tre e senti d'aver perso.
Ritrovi il re e senti di esser pronto a cercare la donna, quando improvvisamente scorgi il jack e ti distrai.
Il re lo perdi ( ti sfugge per un pelo, vero?), ma afferri la donna e sei felice, perché finché sei incompleto la partita non è finita, la ruota gira.
Ed ecco, ora raggiungi la destinataria del saluto di prima.
Dannazione, non avresti dovuto farlo.
Guarda bene le carte, dimmi cosa vedi.
Già, ora sai tutte e tre le posizioni!
Dai su puoi ancora farcela, è già successo, sai come comportarti.
Dimentica.
Tradiscila o fingi di aver dimenticato qualcosa sull'altro lato della strada e attraversa senza guardare o manda al diavolo il tuo capo.
Scegli tu: Donna, Jack o Re, da quale distogli lo sguardo?
Come?
Nessuno dei tre?
Cosa diavolo stai dicendo?
Vuoi mandare affanculo il sistema, idiota?
Non funziona così, sai?
Sono pur sempre l'istinto, io ho il controllo!
Mi senti, figlio di puttana?
Io ho il controllo! Io ho il controllo, io ho il controllo, io ho il controllo, io ho il controllo..

Mentre la voce si affievolisce, guardo l'ora.
Sono le sei di sera, dieci minuti e tre secondi.
Quindi ho ancora tre ore, due minuti e diciannove secondi da vivere.
Li spenderò bene, non preoccupatevi.
Non è un suicidio, non fraintendetemi, mi cadrà un motore d'aereo sulla casa.
Sì, come in Donnie Darko, senza conigli però.
Ora conosco dove sono le tre carte, ora che so dove sempre saranno.
Lei vivrà, se vi chiedete questo, ma no, non dipende da me.
Casualità, tutto qua.
Accendo la mia terzultima sigaretta, mentre le parlo di altro e penso che per uno fissato con la simbologia, le 21:12:21 del 21\12\2012 sono un buon momento in cui morire.

sabato 10 marzo 2012

Ho sognato la fine del mondo

Ho sognato che finiva il mondo e non potevo non scrivere il mio sogno qui. Mi trovavo in una Firenze che nei miei sogni è sempre più grande della realtà e corredata di una periferia gigantesca. Mi trovavo in un grattacielo con la mia famiglia, oltre mia figlia, che in realtà ho,  avevo anche un bimbo più piccolo e un marito ..che non so chi sia. In questo grattacielo c'era anche un albergo con relativi camerieri, abitavamo al 27° piano e avevo paura ad usare l'ascensore, usavo le scale interne del palazzo che erano strette e con i gradini rovinati. Dal nostro appartamento si vedevano i chiari segni della fine del mondo, c'era mio fratello che trovava 5 micro topi mezzi addormentati di cui 4 piccolissimi alcuni bianchi e alcuni marroni e uno più grande marrone (topo mamma) e diceva che bisognava sbarazzarsene il prima possibile.  Altro segnale erano gli ufo nel cielo e un quantitativo importante di lune. Avevamo paura e io lasciavo la mia famiglia per cercare  un posto al riparo.  Durante il mio cammino incontravo una mia amica cantante che commentava il tutto in modo  allegro. C'era  una marea di persone in strada. Ad un certo punto prendevo una stradina  di campagna e arrivavo in un paesino che nel sogno dicevo essere nel sud della Francia ma che mi ricordava quello del film "L'erba di Grace" (sud Inghilterra). Il posto mi sembrava buono per nascondersi e tornavo indietro per cercare di portare li la mia famiglia stando attenta a non dare troppo nell'occhio. Un rumore poi mi ha svegliata. Vedeteci quello che vi pare ma mi sono alzata sconvolta e ancora mi sento strana..ok non faccio testo.

mercoledì 7 marzo 2012

Post Datato

Amo i quaderni fiorati a righe fatti di carta riciclata marca Pigna. Amo le righe che possono contenere le rivelazioni, i turbamenti e le noie. Immagino di riempirli di racconti strampalati e poesie. Penso alle liste, un tempo facevo liste per qualsiasi osa , gli amici, le spese per le feste, i miei sogni. Considerando che un albero è stato sacrificato per le mie scritture  mi sento un po’ in colpa e penso al karma, quello dell’albero non il mio. Potrei usare questa immolazione per riempire il mio quaderno con parole di pace, oppure potrei infierire ulteriormente scrivendo parole d’odio, scrivere pro o contro qualcosa. Queste righe fatte d’inchiostro potrebbero  rivelarsi utili o talmente prive di opportunità. Sono qui in coda alle poste con questo mio nuovo quaderno e ho ancora 20 persone davanti. Potrei immaginarmi un rapporto amoroso, buttare giù le mie impressioni su come si sta al mondo o limitarmi a descrivere quello che mi sta vicino. Avrei la capacità di trasformarmi in un’insaziabile amante o una cinica assassina. Non sono circondata da facce allegre, forse perché si viene alle poste per pagare o ritirare delle multe e chi riscuote la pensione ormai è vecchio e stanco. Poi c’è la fretta, tutti odiano aspettare e vivono sprecando il loro tempo nei peggiori modi possibili. Si respira impazienza e intanto il sole filtra dalla finestra qua dietro, quanti se ne sono accorti? Dicevo che amo i quaderni fiorati a righe fatti di carta riciclata marca Pigna, quella dell’elementari dalle suore. Mi piace immaginare la potenza dell’inchiostro ed ho ancora davanti 12 persone. Ci sono un sacco di orientali, un bambino con il ciuccio che ride e un signore anziano che risponde sorridendo. Ancora 10 persone ed è arrivato il babbo del bambino, una signora tintinna nervosamente le sue chiavi. – 9 Qua nessuno legge un libro eppure è pieno di gente che legge il proprio telefonino, dovrebbero inserire Guerra e Pace nei cellulari di default.  Pilar direbbe che ci troviamo in un luogo non luogo, come le stazioni e gli autogrill e questo è anche un giorno non giorno. -7 Mi sa che ho un po’ di fame e il bambino ancora ride. Io non potrei mai fare l’impiegata delle poste. -4 Sarebbe buffo che finisse tutto oggi 29 febbraio qui alle poste centrali di Empoli. -3 Il tempo scorre e una signora sui tacchi corre. -2 Il bambino se n’è andato trascinato dai suoi genitori. -1 Mi piace il mio quaderno fiorato a righe marca Pigna, se finisse adesso così non sarebbe poi tanto male.

giovedì 1 marzo 2012

White head (White End - ep. 2)

Nelle precedenti puntate:
Episodio pilota
Episodio No. 1

[secondo uno studio condotto dal MIT il videoclip "embeddato" qui sotto causava violenti attacchi di diarrea psicosomatica ai lettori, pertanto è stato rimosso e sostituito dal suo url, nemmeno cliccabile per evitare aperture causali della pagina. Pertanto, se volete, potete anche copiaincollare l'url che trovate qui sotto in un'altra scheda, ma a vostro rischio e pericolo]

http://www.youtube.com/embed/Qmmg5RjxJxA

Carlo non era un mio amico.
Era una persona che ammiravo.
L'avevo conosciuto un giorno in cui mi sentivo generoso con il mondo e gli ho allungato cinque euro per una stampa.
"Lo prendi un caffé?"
"Volentieri"
Così mi ha raccontato la storia della sua vita. Di come era finito sulla strada.
Della galleria d'arte e della bellissima moglie, parigina, che aveva incontrato durante una mostra allestita ai suoi tempi d'oro, nella capitale chic-con-la-puzza-sotto-il-naso-e-le-baguette-sotto-le-ascelle (luoghi comuni a cura di Carlo).
Quand'era più giovane aveva anche provato a dipingere, ma non era un granché.
(Era anche riuscito a piazzare una sua tavola per un migliaio di euro, vendendola ad un ex sindacalista che voleva "Qualcosa che sembra un Magritto" per la sua "villetta")
Bravissimo, invece, a riconoscere gli artisti veri.
"Quando si tratta di un buon dipinto, io c'ho naso" mi spiegava quasi sganasciandosi per quel forzato paradosso, quella sinestesia pedestre, ma efficace.
In due anni di attività, aveva messo su un giro di affari di 500 mila euro l'anno. Che significava un centinaio di opere vendute. E per lui un ricavo del 20 percento, che però - mugugnava - "se lo mangiavano quasi tutto le tasse."
"Perché io sono uno che le tasse le ha sempre pagate. Perché pure se ho votato Berlusconi una volta, io ho avuto un'educazione comunista. E le tasse bisogna pagarle per dare i servizi a tutti. Ho votato Berlusconi perché era ora che le cose cambiavano. Io, per esempio, mi sono costruito il mio piccolo regno da solo, partendo da zero."
Non sopportava quelli "che si lagnano perché nessuno fa niente per loro. Se vuoi qualcosa, te la devi guadagnare, te la devi sudare."
Sudando, Carlo era anche riuscito a mettere da parte i soldi sufficienti per comprare una galleria di esposizione fissa. E per allestire delle mostre temporanee a Barcellona, Stoccolma, Parigi...
"Quando ci siamo conosciuti, Clarisse aveva due gambe che sembravano colonne di marmo. Dico in senso buono: levigate, lisce, perfette! Io ero un bel ragazzo anche. Non guardarmi adesso con questa pagliaccia bianca in testa. Ero un bel biondo, allora, con gli occhi verdi."
Si erano sposati prima di subito. Senza troppi invitati. Carlo nemmeno aveva fatto arrivare i genitori dall'Italia.
"Non che c'avessimo un rapporto così male, ma io me n'ero andato di casa a sedici anni. Gli volevo bene, ma loro non mi lasciavano seguire la mia strada..."
Poi era arrivato il piccolo Filippo: "La mia copia sputata. Un bambino bello come il sole, che non puoi nemmeno immaginartelo. E non lo dico perché è figlio mio. Sembrava uno di quei dipinti di puttini rinascimentali."
"Si sa come vanno certe cose, però. All'inizio tutto sembra una favola, ma poi... Clarisse non voleva che mi allontanassi da Parigi. Ma come facevo! Io dovevo cercare nuovi artisti, farli conoscere alla gente che compra. Ogni volta che dovevo partire era la fine del mondo. E quando tornavo non era meglio. Diceva - era sicura! - che l'avevo tradita con qualche sgallettata. Ma posso giurare su dio che non le ho mai messo le corna. Anche se l'occasione l'avrei avuta..."
Al giudice, però, non interessava se davvero fosse stato infedele o meno. Il punto è che Carlo non era mai a casa. Motivo sufficiente per addossargli "la colpa" della separazione.
"Ho sempre pagato gli alimenti e tutto! - protestava, anticipando qualunque possibile critica da parte mia - ma quella storia mi ha demolito dentro. Non ne ho più azzeccata una. I miei pittori si sono cercati altri venditori. Tutto quello che avevo messo su se ne stava cadendo come un castello di carte. Per questo ora mi vedi così..."
"Mi dispiace..." ho provato ad accennare, ma Carlo non aveva finito: "Per coprire i debiti ho venduto la galleria. Mi è avanzato qualcosa che ora tengo da parte. Ho messo in affitto il mio appartamento per essere sicuro di avere sempre i soldi sufficienti da mandare a Clarisse e a Filippo. Loro non sanno come vivo adesso e  non lo dovranno mai sapere."

Non sapevo quanto di quella storia fosse vera. Di certo era un po' troppo romanzata e perfetta.

Dopo i primi giorni di neve, ogni tanto, mi ero chiesto dove fosse finito Carlo, con le sue stampe e il suo letto di cartone.
Quando, dopo quei primi tre giorni, la neve sembrava aver concesso un po' di tregua, come tanti altri avevo deciso di uscire a fare un po' di spesa (perlomeno ci ho provato: nei supermercati non si trovava niente. E per fortuna vivevo in città!).
Carlo non era al solito posto.
Ovviamente ho immaginato che fosse in qualche ricovero e non ci ho più pensato.

Per questo, quando ho colpito con il piede quel mucchietto di neve che si è messo a rotolare, non mi sarei mai aspettato di vedere sbucare fuori gli occhi verdi e la testa di Carlo.

Leggi il terzo episodio
Drink!